giacomo rutili consulente informatico

Diventare Consulente Informatico… Atipico! Intervista a Giacomo Rutili

Consulenti informatici si nasce o si diventa? E Webmaster? Ne parliamo con Giacomo Rutili, consulente informatico, “webmaster” e formatore.

Ciao Giacomo
L’inizio è la parte più importante di un lavoro.” – Platone.
Iniziamo con chi sei e cosa fai…

Ciao Jonathan!
Innanzitutto grazie per l’opportunità che mi stai dando. Non capita tutti i giorni di essere intervistati e, al di là della visibilità che ne può derivare, considero questa occasione come un momento di riflessione per interrogarmi e fare il punto sul chi sono, dove sono, cosa faccio e dove voglio andare… “In questa terra” (cit. Quelo 😉 )

Partiamo dalla presentazione: sono un ragazzo, perché tale mi sento, di quasi quarant’anni, che ha recentemente messo su famiglia… ed ha già terminato la seconda fase di “espansione”*.

* Giacomo è recentemente diventato padre per la seconda volta! 😮 N.d.R.

Vivo a Massa (provincia di Massa Carrara), una città che è, come tante piccole città di provincia italiane, una contraddizione continua: molto bella paesaggisticamente, ma piuttosto parca di opportunità. Oltre che essere avere uno dei nomi più “stronzi” da ottimizzare lato SEO. 😉
Non mi dilungo ulteriormente, anche se lo farei volentieri. Lascio volentieri i miei contatti per chi volesse saperne di più…

Sono un freelance atipico.

Principalmente faccio il consulente informatico “classico”.

Sviluppo (principalmente web), promuovo (online) e collaboro con diverse realtà locali e non.

Inoltre mi occupo di formazione, un po’ a 360°.

Fino a qualche anno fa mi sarei definito un classico webmaster con una certa attitudine verso l’ars oratoria. 🙂

Oggi, invece, quella definizione non mi rispecchia più molto al punto che non saprei più come definirmi (e questo è un problema che mi porto dietro da tempo, tanto che né i miei genitori né i miei familiari hanno ancora capito qual è il mio lavoro).

Cosa fai? Di cosa ti occupi di preciso?

Ad oggi svolgo la mia attività lavorativa in parte nel mio ufficio, dove collaboro con altri freelance, in parte presso un’azienda dove svolgo attività di SEO e sviluppo di front-end, e, in parte, ovunque mi chiamino per fare formazione.

Come già anticipato, la mia attività lavorativa è divisa in tre macro aree:

  • sviluppo web, principalmente siti e gestionali;
  • promozione online, dalla SEO al PPC fino ai social network;
  • formazione.

La mia applicazione varia molto a seconda del periodo, delle richieste, del mio umore e di dove tira il vento. 🙂

Non mi escludo altre strade, se utili per imparare qualcosa di nuovo, e mi piace ancora sperimentare, anche se il tempo per farlo, con progetti personali o commissionati, è sempre minore. E questo è un peccato.

A proposito di progetti personali, nel 2015 ho avviato un percorso formativo di marketing turistico rivolto alle strutture ricettive della mia zona. Al momento ho organizzato due congressi, sto pianificando micro corsi verticali e sto prevedendo, appena la situazione familiare e lavorativa ritroverò un po’ di normalità, di organizzare il prossimo evento.

Inoltre, data la mia passione per lo sport in generale, e per il calcio in particolare, da 4 anni sto seguendo un progetto editoriale che si occupa di calcio della provincia (stiamo ottenendo grandi numeri e ci stiamo spostando anche su youtube e TV) ed ho creato un’associazione per divulgare un certo modo di fare sport. Anche qui, la parte formativa che nascondo sta emergendo.

Per ultimo, mi occupo anche di consulenza “spicciola”, slegata dal web, su come e dove migliorare il proprio business (già avviato o da avviare) e, saltuariamente, mi capita di fare perizie su questioni più spigolose, dalla privacy alla sicurezza informatica

Insomma, mi sporco un po’ le mani con software ed hardware. Ma queste sono attività spot che faccio, veramente, assai di rado.

Come ti sei formato?

Il mio percorso di studi è, così come la mia vita lavorativa, piuttosto articolato.

Nasco con la passione per l’informatica, che coltivo sin dai tempi del mio primo pc, un 286 con processore AMD, ai tempi del liceo (primi anni ‘90). Per la verità, prima del PC, ai tempi in cui tutti giocavano con Commodore o Amiga, io (forse perché mal consigliato) comprai un MSX (versione Philips) ed iniziai a smanettare con Basic.

Ad ogni modo, mi convinsi subito che quella potesse essere la mia strada e fu così che, dopo il liceo scientifico, mi iscrissi ad ingegneria informatica a Pisa. Purtroppo, però, ai tempi (vecchio ordinamento) le materie informatiche erano troppo poche in relazione alle altre così, dopo 3 anni, decisi, senza troppi rimpianti, di passare ad informatica. Altro mondo, altra vita, altri voti!

Mi laureai alla trieannale, poi qualcosa si ruppe e decisi che forse la vita da scrivania, tutta codice e algoritmi, non faceva più per me.

Fu così che colsi al volo l’occasione di iscrivermi ad un corso di studi appena creato, sempre a Pisa, che creava figure di raccordo tra informatici e manager. Mi laureai, pertanto, alla specialistica in Informatica per l’Economia e l’azienda, con specializzazione in Business Intelligence.

Grazie a questo nuovo percorso di studi, più trasversale, ho potuto conoscere il mondo del marketing, della comunicazione, dell’analisi e della pianificazione strategica, scoprire cos’è un bilancio, come si gestisce un’azienda etc. oltre ad aver arricchito il bagaglio tecnico/informatico con materie quali Data Warehousing e Data Mining (oggi molto di moda per via dei big data).
Una figata. 🙂

Questo mi aprì un mondo che forse sentivo in parte già mio (mi sono sempre interessato a marketing e pubblicità) così, grazie anche ad un’esperienza di stage, piano piano mi sono avvicinato al mondo del marketing online, della promozione di un sito e tutto ciò che ne comportava.

Scoprii dunque la SEO, il Pay Per Click, il mondo dei convegni :-D, i social network e compagnia bella.

Circa una decina di anni fa, inoltre, per caso, iniziai a fare formazione per conto di agenzie della zona. Da lì mi si aprì un altro mondo, con uno scenario completamente diverso che, però, mi piacque tantissimo e mi fece scoprire la passione nascosta per il divulgare e per l’insegnare.

Come è avvenuto il passaggio alla libera professione?
Hai aperto Partita Iva subito dopo la laurea?
Oppure il percorso è stato più accidentato?

Tutto è nato nel 99, quando, insieme ad altre 4 persone, costituimmo una società per promuovere un progetto sperimentale, un marketplace b2b, orizzontale, che serviva per mettere in contatto le aziende, senza intermediari, e fornire servizi, consulenze e prodotti a prezzi agevolati a tutti gli appartenenti al network.

Il progetto non era male ma, dopo 3 anni di fatiche, consci che forse non vivevamo in una zona fertile, o particolarmente recettiva, o forse eravamo solo troppo avanti coi tempi, decidemmo di chiudere la società.

Poiché io avevo un credito nei confronti della stessa, liquidammo le mie quote con il pacchetto clienti, che mi ha portato, così, ad avviare la professione individuale di consulente informatico / sviluppatore / webmaster freelance.

Alcuni di quei clienti, tra l’altro, mi seguono tutt’oggi.

Il resto è un passaparola che mi ha portato ad espandere il giro, cambiare le mie competenze, sposare nuove cause, collaborare con nuove aziende etc etc.

Discorso laurea, già che la citi, è un capitolo a parte, piuttosto complesso e vario: mi sono laureato dopo che già lavoravo da diversi anni.

Come ben sai il nostro settore è uno dei pochi ancora in grado di premiare il merito, a prescindere dal titolo di studio.

Il nostro settore è uno dei pochi ancora in grado di premiare il merito,
a prescindere dal titolo di studio.

 

Mi è capitato di fare in queste mie interviste approfondite riflessioni sul difficile equilibrio tra specializzazione e diversificazione. Tu hai acquisito molte competenze negli anni e ti occupi un po’ di tutto quel che riguarda lo sviluppo e la promozione. Da una parte bisogna specializzarsi, è impossibile sapere tutto. Dall’altra alcuni clienti hanno semplicemente bisogno di qualcuno che si occupi di tutto quel che riguarda la loro presenza su internet. Che ne pensi? È applicabile al tuo caso?

Il mio presente è ancora molto “ibrido”, legato al mondo dello sviluppatore ma anche del marketer e del formatore.

Ad oggi, causa dinamiche particolari, non riesco, purtroppo, a specializzarmi come vorrei in un singolo settore ma, va detto, questa più che una scelta è una forzatura legata al territorio in cui vivo, che non premia più di tanto le professioni specializzate perché non viene riconosciuto a pieno, a causa di una analfabetizzazione diffusa, ciò che viene fatto.

A causa di una diffusa analfabetizzazione informatica nel territorio in cui vivo non viene premiata la specializzazione. Devo anzi formarmi un po’ in diversi settori per poter offrire un servizio il più completo possibile.

Succede quindi che devo formarmi in un po’ tutti i settori che penso di poter coprire per poter offrire un servizio il più completo possibile, ma questo crea grossi grattacapi, frustrazioni e, talvolta, scoraggiamenti.

Obiettivamente, rispetto alla fine degli anni ‘90, primi del 2000, il mondo informatico, specialmente del web, è cambiato talmente tanto da impedire ad una figura unica, come poteva essere quella del webmaster, di star dietro a tutto e far bene tutto.

In più, complice la crisi diffusa, una poca propensione alla spesa ed una bassa cultura digitale, riesce difficile fare investimenti, strutturarsi e crescere, a meno di non ricorrere a collaborazione tra freelance.

A tal proposito, questa è la forma che più di tutte sto sfruttando da una decina d’anni.

Nell’ufficio in cui lavoro, infatti, siamo diversi liberi professionisti che si occupano di attività differenti (grafica, comunicazione, sviluppo, copy, etc) e cerchiamo di darci una mano per progetti grossi, comuni, pur mantenendo ciascuno la propria autonomia lavorativa e la propria identità fiscale.

Penso che questo sia un po’ come la convivenza in una coppia: un passo obbligato per poter, poi, avvicinarsi al matrimonio, ovvero, la costituzione di una società. 🙂

Ti è mai capitato di trovare un cliente in maniera originale o inusuale… o facendo “altro”?

Ho sempre sposato il motto “da cosa nasce cosa”, e questo, unito ad una certa curiosità ed una certa predisposizione per le pubbliche relazioni, mi ha portato a trovare clienti in modi assai sui generis, tipo in spiaggia, davanti ad un mojito!

Sembrerà strano, ma non ho mai avuto un approccio tradizionale nel cercare nuovi clienti, anzi, per la verità, tutti i lavori che seguo, o che ho seguito, sono sempre arrivati tramite passaparola o tramite il mio vecchio sito web (grazie SEO!) o tramite un po’ di personal branding portato avanti, in maniera blanda e molto spontanea, sui social network o dal vivo.

Oltre a questo, in passato, mi è capitato di trovare nuove realtà con cui collaborare, e nuovi clienti, grazie alle docenze che, saltuariamente, ho tenuto in università o in vari master a cui ho partecipato.

Ti è mai capitato di dire di no a un cliente? Come si dice di no a un cliente?

Sì, mi è capitato, anche se non l’ho mai pronunciato in maniera esplicita.

La mia esperienza mi porta, ormai, a capire abbastanza bene “di che morte devo morire” nel caso in cui decida di accettare il lavoro per qualcuno.

Per quanto non si possa mai sapere, ci si possa ricredere su progetti e persone, e si possano prendere cantonate inaspettate, tendenzialmente riesco ormai a capire con una buona precisione, se il cliente è meritevole, se può essere buon pagatore e se può proporre un progetto interessante… o se non è niente di tutto questo.

Generalmente, per essere cortese, la strategia che adopero è quella di:

  1. aumentare significativamente il preventivo, in modo da scoraggiare il cliente a scegliermi come fornitore o, in caso accettasse, avere una cospicua ricompensa che possa mitigare eventuali problemi;
  2. forzare a chiedere un anticipo importante ad inizio lavori, in modo da tastare subito il polso.

Spesso sono sufficienti questi due accorgimenti per rifiutare il cliente, evitando di dire di no, ed uscire, in maniera elegante, da una situazione che ci vede poco fiduciosi.

Come si trovano (o come si scelgono) i clienti giusti?

Ah! E chi lo sa! 🙂

Scherzi a parte, un ottimo metodo rimane quello di parlare seriamente sulle possibili complessità del progetto, sul renderlo partecipe e formato sulle peculiarità del lavoro che andrà svolto e sul capire se lascerà autonomia lavorativa e rispetto dei pagamenti.

A volte è l’esperienza, a volte il passaparola, altre volte è l’intuito o l’entusiasmo delle persone che creano una chimica tale far capire se il cliente è quello giusto o meno.

Come già detto, non ho mai, finora, cercato attivamente clienti. Mi sono sempre arrivati, quindi non saprei nemmeno come fare a cercare i clienti giusti nel caso in cui mi trovassi, per esempio, un mese senza niente da fare.

Probabilmente farei una ricerca sul territorio per capire quelle che sono le realtà aziendali che possono aver bisogno delle mie competenze e li contatterei.

Un’altra strategia, già adottata con successo, è creare un evento a tema o partecipare a congressi, master in veste di relatore. In questo modo sai che ti presenti davanti ad un pubblico in target, o comunque correlato, al tuo business, se riesci a risultare credibile, professionale, esperto, i contatti arriveranno da soli.

Detto questo, non mi considero un gran venditore, lo ammetto. Non sfrutto le tecniche da venditore porta a porta :-), non sono una persona che regala sorrisi per accattivarsi il cliente, che vende ciò che non ha e che promette ciò che non sa se può fare. Ho un approccio molto diretto, sincero, che talvolta viene preso come ostile e scoraggiante, probabilmente.

È frutto della mia personalità, di come sono stato abituato (a non vender fumo) e conseguenza del fatto che le aspettative sono sempre maggiori delle problematiche preventivate.

Hai mai investito in marketing e pubblicità?

Relativamente alla mia attività, ho sfruttato le mie competenze per promuovere gli eventi formativi di cui ho parlato sopra.

Naturalmente ho fatto ricorso anche a campagne PPC.

Quanti clienti riesci a gestire in un determinato periodo di tempo? Esiste una nobile arte che ci insegna a “gestire i clienti come si deve”?

Ah! domanda da un milione di dollari!

Non saprei proprio come risponderti. Non c’è un numero minimo o massimo, ogni cliente richiede una certa attenzione e quantità di ore di lavoro, ma non tutti sono uguali.

Ci sono progetti grossi che mi possono ingolfare e costringere a lavorare quasi monomandatario per un lasso di tempo specifico, altri, invece, che richiedono attività di monitoraggio e “manutenzione ordinaria”, che possono coesistere con le normali attività e anche nei periodi di extra lavoro.

Tuttavia una risposta si può dare per quella che è la mia visione attuale su questo settore: se si vuol lavorare bene, con risultati appaganti per il cliente e con soddisfazione per chi svolge il lavoro, più di 4-5 clienti al mese è quasi impossibile da gestire.

Se si vuol lavorare bene è quasi impossibile da gestire più di 4-5 clienti al mese.

Direi che almeno una ventina quarantina di ore al mese per ciascuno andrebbero dedicate per quella che può essere l’attività di sviluppo, consulenza e promozione “ordinaria”.

Riesco ad aumentare i volumi in particolari momenti dell’anno e mantenere una certa qualità del servizio grazie alle collaborazioni che ho messo in atto negli anni scorsi.

Ecco, quindi, che il fare rete, per lavorare in rete (!) diventa interessante, conveniente e fruttuoso per tutti.

Quanto definiresti importante la conoscenza dell’inglese… o di un’altra lingua straniera? La differenza con i mercati esteri…

Per quella che è la mia esperienza ordinaria, so che sto per dire una bestemmia, non è poi così importante perché lavoro principalmente con clienti legati al territorio e che, al massimo, si appoggiano all’inglese per il mercato non italiano (che non vuol dire solo anglosassone). In questo caso è sempre difficile riuscire a coniugare risultati con investimenti che, spesso, non sono all’altezza della mole di lavoro che andrebbe svolta.

Mi sto trovando, piuttosto, a dover gestire sempre più spesso realtà in cui il cirillico ed il cinese iniziano ad essere sempre più richieste, specialmente nel settore del lapideo e nell’immobiliare. E questo è un problema, ma anche una bella opportunità se saputa sfruttare.

Ma la mia risposta non si esaurisce con queste riflessioni, anzi, aggiungo e rilancio: senza una buona conoscenza dell’inglese diventa quasi impossibile formarsi da fonti alternative alle, seppur valide, nostrane.

Quindi, in sintesi, l’inglese è certamente importante per avere una visione più ampia dei settori in cui vogliamo operare e per rimanere aggiornati sulle tendenze presenti e future.

Hai vissuto momenti difficili nel tuo percorso da freelance? Come si superano i momenti difficili?

Tutt’ora vivo un momento delicato: l’aver messo su famiglia, senza avere particolari tutele lavorative, senza mutua, e benefit in generale, mi costringe a fare i salti mortali.

L’aver messo su famiglia, senza tutele lavorative, senza mutua, senza benefit in generale, mi costringe a fare i salti mortali.

Per come sto impostando la mia vita da neo-babbo, sto dando priorità alla vita domestica, con la conseguenza che la mole di lavoro mossa, e di conseguenza il fatturato, nell’ultimo anno e mezzo è diminuita sensibilmente.

Per non perdere troppo terreno e lasciare indietro i clienti, oltre per evitare di vanificare quanto di buono creato in più di 15 anni di carriera, sto imparando sempre di più a delegare ai miei collaboratori, tenendomi il ruolo di supervisore e account manager.

Altri momenti difficili, a prescindere dal discorso familiare, sono quelli ciclici della dichiarazione dei redditi ed il conseguente pagamento delle tasse… L’italia sta diventando velocemente il peggior posto di lavoro al mondo dove lavorare come libero professionista/imprenditore.

L’italia… il peggior posto di lavoro al mondo dove lavorare come libero professionista/imprenditore.

Non esiste niente che faciliti la crescita e consenta un tenore di vita decente. O si tenta di aggirare il sistema con qualche barbatrucco fiscale, oppure è veramente dura.

Vorrei entrare anche nel discorso della “concorrenza sleale ma legale” dei diversi regimi fiscali, tra forfettario, minimi e ordinario, ma preferisco evitare per non aprire una parentesi tanto ampia quanto fottutamente dolorosa e ingiusta.

E nel rapporto tra lavoro e famiglia? Anche considerando che sei ormai per la seconda volta un babbo freelance…

Vedi sopra. È un casino, perché il poco sonno (sigh) e la possibilità di assentarti dal lavoro per accudire la famiglia è una bella libertà, che, però, paghi a caro prezzo e si riflette nella serenità sul lavoro, nel rapporto col cliente e nella concentrazione che devi avere nelle ore in cui sei operativo.

Al momento sono ancora alla ricerca del miglior equilibrio tra le due vite, ma sono comunque contento del lavoro sottratto finora a favore dei bimbi.

Bimbi in ufficio

L’ufficio di Giacomo… con il bimbo nel passeggino!

Questa fase della loro vita è breve, in continuo cambiamento e richiede la vicinanza dei genitori, perché i semi dell’educazione e della trasmissione dei valori in cui si crede, si piantano adesso.

Dal punto di vista logistico, poi, tocca essere flessibili e fare il massimo per coniugare le due cose.

Non è infrequente, infatti, che talvolta abbia portato il figlio più piccolo, di pochi mesi, in ufficio con me, oppure ho lavorato da casa per poterlo accudire.

Da una parte è bello, ma dall’altra è devastante e ti costringe a procrastinare tutte le attività che richiedono, in qualche modo, un rapporto diretto con il cliente o una concentrazione molto forte.

Per qualcuno lavorare da freelance è anche il sogno di avere più possibilità di godersi la vita o di avere un buon work-life balance. È così?

AHAHAH!!! NO!

Credo che tutti ce lo raccontiamo, ma se abbiamo un po’ di coscienza e senso di responsabilità, sappiamo che i conti devono quadrare alla fine del mese, che potersi permettere le vacanze, o anche solo qualche giorno di assenza causa malattia, è un lusso che difficilmente possiamo permetterci, a meno di avere grossi volumi di affari, cosa che, però, da lavoratore autonomo è difficile da raggiungere perché rischiano di portarti al collasso.

La cosa migliore che un libero professionista può fare, anche in italia, è gestirsi il tempo in maniera fruttuosa, efficace, che consenta di sfruttare al massimo i momenti di pausa per stare in famiglia, fare un pranzo ed un tuffo al mare, fare una corsetta lungo fiume o concedersi una serata con amici.

Ma il richiamo del lavoro, l’ansia del “devo far questo, devo far quello” ti accompagna ovunque, ed ogni momento di pausa porta con sé, inevitabilmente, la domande “potrei sfruttare questo momento per portarmi avanti con qualche scadenza invece che …?”

Sarà che non sono ma rimasto con le mani in mano, senza lavoro, con tanto tempo libero, ma veramente tutta questa libertà, a fronte di quello che rimane in tasca come libero professionista in relazione al lavoro fatto, è veramente più utopica che altro.

Spesso mi trovo a dover lavorare il 130% per poter compensare, con quel +30% in più, un mancato ritorno in termini di ricompensa perché, si sa, in Italia tutti vogliono tutto, e subito, ma quando è il momento di pagare improvvisamente l’urgenza sparisce.

Oltretutto, se si lavora con clienti vicini, la disponibilità per eventuali incontri, telefonate, ma anche scambi di email o sessioni remote, avviene sempre nei classici orari da ufficio, perciò diventa difficile pensare di lavorare quando si pare per ottimizzare i tempi.

Tecnicamente si può fare, ma solitamente è più un utopia che altro.

Il tuo più grande errore con un cliente?

Credo di aver fatto più errori con realtà collaborative, per le quali lavoravo in outsourcing, che con i clienti.

Al massimo ho sbagliato con potenziali clienti, che poi, appunto, sono rimasti solo potenziali e non sono riuscito a trasformarli in clienti finali. Ma è anche vero che, spesso, i lavori non andati in porto sono frutto di un certo sesto senso che mi allertava e mi teneva lontano da quelle persone.

Poiché il mio approccio con il cliente, come spiegato anche in precedenza, è sempre molto schietto, onesto, e non “gonfiato”, se riesco a stabilire un rapporto di lavoro con qualcuno automaticamente ho anche un rapporto di fiducia che mi consente, in genere, di lavorare abbastanza serenamente e portare avanti la collaborazione per tanti anni.

I clienti che ho perso in questi anni sono stati tutti per cessata attività o logistiche che diventavano difficili da portare avanti.

Il tuo più grande successo con un cliente?

La fidelizzazione 🙂 e gli attestati di stima.

Ho clienti storici che porto avanti da quasi vent’anni. In periodi di “crisi”, per troppi impegni, non potendo garantire una mia presenza costante, come sarebbe stata necessaria per quei progetti, ho provato a passarli ad altri colleghi, ma poi, dopo qualche tempo, gli stessi clienti hanno preteso che tornassi ad essere il loro referente anche a costo di farli aspettare un po’.

La scelta più azzeccata che hai fatto nella tua vita (professionale)?

Credo di non averla ancora fatta, a parte l’aver scelto un percorso di studi che assecondasse la mia passione nascente (quella per l’informatica) e che mi garantisse un lavoro molto più probabile che in altri ambiti.

Cos’è il successo per te?

Riuscire a mantenere un certo entusiasmo, curiosità e passione per il lavoro, ottenendo risultati che giustifichino lo sforzo profuso, il tutto senza essere costretti a fare troppe rinunce a discapito della vita familiare e dei propri hobby.

In tal senso guardo sempre con occhi increduli e pieni di stima la vita che molti di (voi) nomadi digitali conducono.

È un percorso di vita che, in altre circostanze, avrei sposato molto volentieri e che sento appartenere al mio modo di intendere la vita.

Un consiglio “forte” per chi vuole diventare freelance…

Pensarci bene e capire, prima di tutto, che tipo di persona si è. Per un tipo di vita più tranquilla, ma più “schiava” degli orari e degli umori altrui, consiglio di abbandonare a monte l’idea di mettersi in proprio. Viceversa, la carriera da libero professionista può riservare veramente libertà e soddisfazioni altrimenti difficilmente raggiungibili.

Fermo restando che, comunque, una risposta precisa per questa domanda non può esistere se non tiene conto del percorso di studi, del contesto in cui si è deciso di vivere, dei legami con il territorio, dell’indole personale, delle ambizioni etc.

Diciamo che, per semplificare molto il ragionamento, se si è fatto un percorso di un certo tipo, per esempio ingegneristico (parlo sempre del settore IT), converrà cercare grosse piazze e ambire ad un posto da dipendente, in grandi aziende che possano metterci alla prova con grandi progetti e ci consentano di fare carriera.

Se, invece, si vive in una città di provincia che non offre molte risorse, allora, le strade sono obbligate: si fugge o ci si mette in discussione cercando di capire dove e come intervenire nel mercato di riferimento.

Ultima cosa: molto dipende anche dall’età, o meglio, dalla fase nella vita in cui si è.

Sicuramente una decina di anni fa, o comunque appena terminati gli studi, sarei stato molto più propenso a cambiare città/vita per seguire la carriera lavorativa. Oggi, con casa e famiglia a carico, cerco di consolidare quel che ho nel posto in cui vivo e sono meno disposto a stravolgere ciò che mi sono costruito.

Non so se è pigrizia, indole, voglia di stare vicino ai familiari, o soddisfazione lavorativa raggiunta, che mi garantisce, ormai, un certo equilibrio ma, di sicuro, a meno di clamorose proposte di lavoro, o di particolare crisi personale, continuo a preferire lo stile di vita del libero professionista a quello del dipendente.

Che percorso consiglieresti ad un aspirante consulente informatico?

Lo stesso che accomuna tanti che, come me, hanno iniziato a lavorare prima ancora di studiare (passami la frase, che so essere bugiarda), ovvero:

  1. curiosità in fase iniziale,
  2. perseveranza in fase di crescita,
  3. voglia di sperimentare e sporcarsi le mani, lavorare su progetti personali per poter poi sapere cosa si va a proporre ai clienti,
  4. provare a collaborare con varie realtà per capire le dinamiche delle aziende (di qualsiasi tipo esse siano) in modo da accumulare esperienza e consapevolezza nei propri mezzi e chiarirsi le idee in merito a ciò che si crede di voler fare.

Ricordandosi sempre che le esperienze negative, probabilmente, sono più formative di quelle positive.

Se qualcuno ti chiedesse un consiglio per fare un piano sul come iniziare… cosa gli diresti?

Se rimaniamo nel contesto della consulenza in ambiente informatico, direi che prima di tutto c’è da capire se si è portati ad intraprendere quel tipo di percorso, dopodiché…

  • studiare tanto,
  • farsi le ossa sperimentando progetti personali,
  • aggiornarsi continuamente,
  • fare network,
  • proporsi (anche a buon mercato, giusto per iniziare con qualcosa che vada di pari passo con la propria esperienza),
  • azzardare,
  • curare le pubbliche relazioni,
  • comportarsi onestamente
  • e, di tanto in tanto, obbligarsi ad uscire dalla zona di comfort.

Avendo sempre le idee chiare su chi si è e su cosa si vuole raggiungere.

Ovviamente ci saranno periodi bui, di scoraggiamento, che porteranno a voler mollare (e questo accade ciclicamente, anche per ogni dichiarazione dei redditi) ma ci saranno anche momenti di grandi soddisfazioni, che ripagheranno per i tanti sforzi fatti.

Cosa consiglieresti a chi ti chiede un libro, un corso… un primo passo per imparare a fare quello che fai tu?

Ai libri preferisco consigliare i corsi, per diversi motivi: ti permettono di confrontarti direttamente con altri professionisti e di imparare dal vivo da chi ne sa più di te.

Questo confronto ti può far capire il tuo livello di conoscenza. Potresti scoprire di essere al pari coi tempi, o molto indietro.

Inoltre, si è sempre sul pezzo (un libro potrebbe catturarti l’attenzione quando ormai è datato, e l’obsolescenza formativa, nel nostro settore, è velocissima).

Fermo restando che siano corsi/convegni di qualità.

E poi, ai convegni, così come ai corsi in generale, ci si diverte di più tra aperitivi e cene che, ormai, sono un must con i colleghi conosciuti sul posto!

Scherzi a parte, la preferenza è dettata anche da una mia stanchezza che, da qualche tempo, mi impigrisce ed impedisce di leggere quanto vorrei e dovrei. A fine giornata, infatti, dopo aver scritto decine di email, di righe di codice, parlato al telefono, letto blog, forum e cazzeggiato sui social, mi sento mentalmente molto stanco e poco incline ad aprire libri.

Che importanza dai al concetto di trovare una nicchia?

È ovviamente fondamentale. Penso sia davvero l’unico modo per sopravvivere.

Per misurarsi in un settore ampio, ad alta concorrenza e competitività, o si è strutturati molto bene, dal punto di vista tecnico e commerciale, o si perde soltanto del gran tempo, col rischio di non raggiungere i risultati sperati nonostante ingenti sforzi profusi.

Come vedi il futuro del settore? Ci sono prospettive?

Come sempre lo vedo in continua evoluzione e sempre più complicato (ah, come si stava bene quando internet explorer era al 96% del market share ;-), perciò difficile da fare previsioni, ma sono sicuro sia ancora pieno di prospettive, anzi, penso sia quello che più di tutti potrà offrire lavoro e dare nuove opportunità per tutti, riqualificando mestieri o creando figure professionali ad oggi inesistenti (basti pensare ai SEO, ai social media, agli analisti, ai CRO etc che, fino a 10-15 anni fa, non esistevano).

A parte per la SEO, che è morta*, e quello ormai lo sanno anche i sassi 🙂 il resto è talmente mutevole che mi impedisce di pensare a lungo termine. O meglio, mi frena nel fare previsioni di un certo tipo.

* Battuta che solo i SEO e chi ci bazzica intorno da qualche anno potrà capire. 😉 [N.d.R.]

Solo dieci anni fa i social non esistevano, i blog erano robe da ragazzini, il real time marketing non si poteva nemmeno concepire, gli youtuber, le twitstar, i blogger erano fantasia, le tecnologie per sviluppare siti web erano molto limitate, non esisteva il “problema” del mobile, etc.

Dunque, chi può dire, con certezza, come sarà il mondo tra una decina d’anni?

La storia dell’IT, poi, insegna: ciò che oggi è grande, onnipresente, e sembra impossibile da cambiare, prima o poi cade o si evolve per non scomparire.

Penso ad IBM, Olivetti, Nokia, penso a myspace, a second life… a google+! 🙂

Sicuramente ad essere aggiornati, si può intravedere un mondo fatto di nuove opportunità legate all’intelligenza artificiale, alla realtà aumentata, a google e facebook ancora più invadenti e presenti, ad una progressiva scomparsa di un certo modo di fare web, a nuove forme di comunicazione, a figure professionali sempre più specializzate.

Non esisteranno più quelli come me, “webmaster” general pourpose, che fanno un po’ di tutto. Ci si dovrà specializzare in poche cose e lavorare in team per raggiungere obiettivi sempre più grandi e complicati.

Però, dai, è il bello di questo settore, ed è super stimolante!

Bene Giacomo.
Grazie per questa bella e utilissima chiacchierata!
Un ultimo messaggio all’umanità? 🙂

Ho bisogno di ferie! Se potete, fatele!

Scherzi a parte…

Sfruttate ogni possibile attimo di tempo per fare qualcosa che vi faccia star bene!

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