Storyteller Sabrina Andrea Sachs

Diventare Content Creator e Storyteller: intervista a ​Sabrina Andrea Sachs

Che cos’è e come si diventa un Content Creator? E uno Storyteller? E come si trasforma Instagram in un canale di acquisizione clienti? Ne parliamo con Sabrina Andrea Sachs.

Ciao Sabrina
“Non c’è agonia più grande che tenersi dentro una storia mai raccontata” (Maya Angelou)
Chi sei? 🙂

Sabrina Andrea Sachs.

O almeno questo è il nome che utilizzo nel mondo online ed è anche il mio brand.

Ho 32 anni, ho studiato Economia Aziendale a Padova e prima di laurearmi ho accettato uno stage di 3 mesi a Londra che poi si è trasformato in un contratto a tempo indeterminato che mi ha portata a vivere per 10 anni via da casa.

Ma non voglio annoiarti con la storia di quella che io chiamo la mia vita precedente…

Passa alla domanda successiva 🙂

Che fai? Di cosa ti occupi per la precisione?

Oggi, sono un content creator e storyteller.

Giuro che mi definivo così molto prima che tutti si invaghissero di questo termine!

In altre parole, creo contenuti per siti web (copywriting, SEO content, blog post, ghostwriting), oltre a gestire campagne social per vari brand (in particolare su Instagram).

Il mio è un mix strano, ma che mi permette di non annoiarmi mai e che sono riuscita in passato a vendere come pacchetto ad alcuni clienti.

Come si diventa content creator e storyteller?

Bella domanda!

Vorrei avere una risposta univoca, ma credo che dipenda molto dalle proprie competenze, passioni e ambizioni.

Personalmente, ho avuto un grande sogno che fin da quando ero piccina ho sempre portato con me ed era quello di raccontare storie. Ricordo che quando dormivo con le mie sorelle, ogni sera inventavo e raccontavo favole per farle addormentare. ?

Crescendo volevo fare la reporter di guerra, ma la vita mi ha portato su altre strade, ma non ho mai smesso di​ raccontare, passando dalla forma orale a quella scritta, dall’italiano del mio primo blog (circa 15 anni fa) all’inglese di quello attuale e Instagram.
Ed è proprio da quest’ultimo che ho capito, grazie ai moltissimi feedback positivi alle mie foto ma sopratutto alle mie mini storie, che forse quello che stavo condividendo aveva un valore.

Prima di lasciare il mio lavoro in Amazon a Londra, avevo seminato un bel po’ nel campo in cui sognavo di entrare e in pochi mesi ho ottenuto delle collaborazioni con vari brand nel mondo del travel e lifestyle per i quali ho creato contenuti marketing.

Ho lavorato con Airbnb, Royal Caribbean, Shinola, Il Principe di Savoia e ho scritto per The Guardian, Il Sole 24 Ore, Time Out London, Huffington Post US e molti altri mentre ancora lavoravo full time e smanettavo sul content creation, storytelling e brand journalism.

La mia è stata un’evoluzione lenta ma naturale che mi ha spinta ad acquisire competenze laterali come SEO, Google Adwords, Facebook Advertising e molto altro. Se originariamente un content manager era un copywriter evoluto, oggi questa figura ricopre un ruolo molto più ampio che va dalla pianificazione del calendario editoriale, l’ottimizzazione SEO e le campagne social.

O almeno questo è il profilo che ho deciso di creare per me stessa e mi sto divertendo un sacco! ?

Come trovi i tuoi clienti attualmente? E come li hai trovati all’inizio?

All’inizio è stato molto per caso.

Moltissime offerte mi sono arrivate direttamente, e continuano ad arrivarmi, da Instagram.

Altre tramite amici, conoscenti e passaparola, molte altre tramite gruppi Facebook di cui faccio parte e infine un paio tramite Upwork che però ho deciso di abbandonare per la percentuale che trattengono.

Fino ad un paio di settimane fa non avevo neanche una pagina “work with me” nel mio sito, ma ora che mi ci hai fatto pensare tu, l’ho aggiunta. 🙂

Come si trovano clienti su Instagram?

In realtà, quando sono a caccia di clienti, viaggio online per un po’ e dopo verifico se abbiano o meno un account Instagram.

Come ho già detto, per me è davvero importante lavorare con brand che mi piacciono che fanno qualcosa fatto bene o estremamente innovativo, che siano socialmente e ambientalmente sostenibili o che comunque abbiano rispetto della natura/umanità.

Quindi dicevo, quando cerco nuovi clienti lo cerco all’inverso, leggo la loro storia nei siti di solito è gli propongo di espanderla o trasmetterla anche tramite Instagram.

Altrimenti, giornalmente mi capita di essere approcciata da brand famosi o meno che mi propongono di collaborare e questo è grazie alla larga audience che ho costruito fin dal 2012 quando ho aperto il mio account.

Cosa consiglieresti a chi vuole lavorare su Instagram?

Il consiglio a chi vuole lavorare con Instagram è di costruirsi una propria personalità/stile, di crescere organicamente e lasciar perdere BOT, PODs e tutte le cose automatizzate che ci sono oggi.
Prima o poi si viene sgamati!

Per crescere su Instagram oggi è indispensabile proporre contenuto di qualità in maniera costante, ma anche dedicare tantissimo tempo a costruirsi una community (cosa che ho abbastanza tralasciato durante il mio viaggio…).

Purtroppo, visto il nuovo algoritmo, è abbastanza difficile spiccare tra i milioni di utenti, ma è ancora possibile crearsi una nicchia di riferimento.

Ad ogni modo, visto che questa domanda mi viene posta un milione di volte al giorno… lo ripeto qui: prima di pensare di fare soldi con Instagram, buttate giù le basi, siate creativi e postate solo foto/video di qualità.

Poi, ma molto poi, si potrà parlare di far soldi!

Cosa apprezzano i tuoi clienti di te?

Dovrei chiederlo a loro! E in effetti sto proprio raccogliendo un po di referenze da aggiungere al mio sito.

Ma credo sia la qualità più apprezzata oltre alla grande professionalità che proviene dalla mia vita precedente (in termini di puntualità, onestà, no nonsense approach) credo sia la mia abilità di vedere la big picture.

Mi spiego meglio: ogni volta che discuto con un cliente di un progetto, non mi soffermo mai sulla mia task specifica come se fosse un silos indipendente dal resto dei reparti o funzioni aziendali.

O piuttosto se faccio una campagna social vado a vedere oltre la fotina e l’hashtag. Credo sia una mia reazione di default dovuta allo sviluppo del famoso eagle eye durante la mia carriera precedente.

Di solito i miei clienti sono sorpresi e ben lieti di scoprire di fronte a loro non solo una persona creativa e visual, ma anche (e forse sopratutto) molto pratica e a conoscenza delle regole di business oltre che di marketing.

Un’altra “dote” che molti dei miei clienti apprezzano è proprio la mia capacità di raccontare anche storie trite e ritrite sempre in modo nuovo, innovativo e che solitamente fa fermare le persone a riflettere.

Di solito faccio (quasi) sempre ai miei intervistati la domanda “quanto è importante l’inglese secondo te?” Ma tu sei madrelingua giusto?

No​, no​n sono madrelingua, ma sono a livello bilingue o cosi sembra da varie certificazioni che ho conseguito. 🙂

Se non avessi imparato l’inglese – e non parlo di sapersi arrangiare – ma di conoscerne le varie sfumature e declinazioni, non sarei mai arrivata dove sono arrivata.

Io lavoro esclusivamente in inglese (non ho ancora trovato un cliente italiano!!!) e lavorare con le parole in una lingua che non è la propria non sarebbe stato possibile…

Durante questo viaggio di 2​3​ mesi attorno al mondo, mentre viaggiavo con persone che l’inglese lo sanno poco o per niente mi sono anche resa conto del vantaggio incredibile che ho.

Non solo per capire i segnali stradali, ​le indicazioni e altro, ​ma proprio per entrare in contatto diretto e significativo con altri viaggiatori e le persone locali. Per come vivo e viaggio io, l’inglese è indispensabile.

Ti sei specializzata, tra le varie cose, anche su Instagram. Cosa mi dici di Instagram? È un social sottovalutato con delle potenzialità che le aziende faticano a capire? Come funziona lo storytelling su Instagram?

Instagram non è affatto sottovalutato dalle aziende, all’estero almeno.

In Italia non saprei, non sono molto aggiornata​,​ ma avrò modo di indagare quest’estate.

All’estero aziende di medie e grandi dimensioni utilizzano Instagram come principale canale social.

Purtroppo questo mezzo sta diventando sempre più simile a Facebook e di conseguenza ha perso un po’ della qualità e varietà che caratterizzava questa piattaforma inizialmente.

Lo storytelling su Instagram è una combinazione di visual & words che appunto per me è sempre stata l’aspirazione massima.

Quando lavoro con clienti su Instagram si tratta di raccontare la storia del brand, delle tradizioni o anche della missione attraverso le parole e immagini di impatto.

Ovviamente brand e settori diversi utilizzano Instagram in modalità diverse.

Ti è mai capitato di trovare un cliente in maniera originale o inusuale… o facendo “altro”?

​Si!

Una delle cose più strane è stata scrivere un guest post per una famosa blogger che poi mi ha assunta come ghost writer per il suo sito quasi a tempo pieno. 🙂

Mi sembra un’ottima idea per trovare nuovi clienti o contatti! 🙂
Ti è mai capitato di dire di no a un cliente? Come si dice di no a un cliente?

​Certamente! E più volte! Sono arrivata alla consapevolezza che il mio tempo ha un valore inestimabile, pertanto se un potenziale cliente chiede uno sconto sui miei servizi che supera la soglia del “fattibile” dico di no.

Fondamentalmente, sono arrivata alla conclusione che lavoro solo ed esclusivamente per clienti e tariffe che rispecchiano il valore che io stessa do al mio tempo.

In altri casi invece, ho rifiutato anche progetti molto remunerativi che però non si allineavano ai miei valori per esempio per brand di street fashion che non hanno degli statuti etici o ecologici, hotel di lusso che non rispettano la natura o la popolazione locale e simili. ​

Come si trovano (o come si scelgono) i clienti giusti?

​Penso che la scelta debba essere reciproca.

È difficile, soprattutto all’inizio, riuscire a dir di no a potenziali clienti, ma per me è sempre stato importante essere chiara su cosa potevo e non potevo offrire, tempistiche e altro.

I clienti giusti in fondo non sono solo quelli che pagano quando e quanto si è stabilito inizialmente, ma sopratutto quelli che condividono con noi un progetto più grande che va oltre le specificità dei risultati a breve termine, quello che chiamo the big picture.

Sei freelance e sei appena tornata da un lungo viaggio di 23 mesi da “nomad worker“. Sono due condizioni decisamente al di fuori della comfort zone per molte persone. Parliamo di paure, di insicurezze, di scelte. Quali sono (state) le tue? Come le hai superate e cosa consiglieresti a chi si sente bloccato da queste?

​La paura più grande è stato mollare tutto ciò che avevo costruito nei miei vent’anni, la mia carriera, il mio bel stipendio, il mio appartamentino nel centro di Londra.

È proprio vero che la sicurezza può essere una gabbia dorata, ma dentro di me sentivo la necessità di andare, non sapevo ancora perché e per quanto, ma era una sensazione che mi teneva sveglia la notte e mi angosciava tutti i giorni in ufficio.

La cosa che mi ha dato più forza è stata la consapevolezza che sarei potuta tornare indietro.

Nelle prime settimane del viaggio continuavo a ripetermi come un mantra: “What’s the worst thing that can happen?

E detta cosi, sapevo che una via di ritorno, come Pollicino anche io sarei potuta tornare indietro seguendo le briciole che avevo seminato per 8 anni di corporate life.

Mollare tutto e buttarsi in una nuova avventura è come fare skydiving: fa paura da morire ma o ti fidi della tua attrezzatura (competenze, skill e passione) o ti schianterai.

Poi bisogna essere tenaci – e forse anche un po’ testardi e questa è una “dote” che mi è sempre stata riconosciuta 🙂 – non bisogna mollare alle prime difficoltà o ai primi no. Ce ne saranno sopratutto all’inizio, ma l’importante è continuare, perché se davvero abbiamo qualcosa di unico da offrire la nostra nuova vita e lavoro ingraneranno per il meglio.

Qualcuno ti vorrebbe chiedere “quanto guadagni?” o “quanto guadagnavi all’inizio e quanto guadagni adesso?”
Io ti chiedo invece “cosa risponderesti a chi ti chiedesse quanto guadagni?” 🙂

Hahaha!

Guadagno quanto basta.

Certi mesi molto di più di quanto basta e altri appena quanto basta.

In linea generale, meno di quando vivevo a Londra, ma è una scelta consapevole e ponderata e penso di averci guadagnato in qualità della vita e tempo libero.

Il tuo più grande errore con un cliente?

Un grosso e costoso errore è stato accettare un lavoro da un “amico di amici” senza accertarmi che avesse intenzione di pagarmi.

Diciamo che tra una comunicazione veloce e leggera non mi sono preoccupata di confermare il budget e cosi ho finito per fare un lavoro a gratis e sprecare qualche ora della mia vita.

Ora, soprattutto se si tratta di amici e conoscenti, verifico mille volte il budget e aspetto il versamento di un anticipo prima di mettere giù una riga. Amici si, ma non quando si tratta del mio tempo (AKA lavoro) non guardo più in faccia a nessuno (e non faccio sconti).

La scelta più azzeccata che hai fatto nella tua vita (professionale)?

Trasferirmi a Londra a 22 anni e acquisire cosi una prospettiva globale del mondo, cosi come acquisire un inglese che la scuola non avrebbe mai potuto insegnarmi.

Cos’è il successo per te?

Bella questa… Penso che abbia diverse sfumature.

Io ho raggiunto il successo molte volte nella mia vita.

Ogni promozione, ogni aumento o bonus era un gran successo nella mia vita precedente.

Ma anche oggi, riuscire a cambiare radicalmente la mia vita e creare un business da zero in pochissimo tempo, è stato per me un gran successo.

Inoltre trovare questo balance che mi permette di dedicarmi a tanti piccoli progetti che mi appassionano mentre lavoro con vari clienti in tutto il mondo è un successo.

Credo che il successo vero sia quello di svegliarsi alla mattina con il sorriso o comunque svegliarsi gasati per la giornata che si ha di fronte. Io lo ero sia in passato, che ora.

E questo per me è il successo più grande a cui si possa ambire.

Un consiglio “forte” per chi vuole diventare freelance…

Risparmiate.

Risparmiate e risparmiate.

Solo pochi sono gli esempi di chi è riuscito ad avviare un’attività freelance che andasse liscia fin da subito, è sempre importante avere una sorta di cuscinetto così da cadere sul morbido se le nostre aspettative sono più rosee della realtà.

E sì, risparmiare è SEMPRE possibile, risparmiare è un mindset e io l’ho imparato quando guadagnavo 200 mila lire al mese facendo la cameriera.

Quindi no, non ci sono scuse che tengano, sorry. 🙂

Bene Sabrina
Grazie per questa bella chiacchierata.
Un ultimo messaggio all’umanità? ?

Il mio ultimo messaggio è molto banale e scontato.

Come diceva Lewis Carroll “You only regret the chances you didn’t take“.

Se non avessi scelto di abbandonare la zona di comfort della mia vita precedente a Londra non avrei mai scoperto il mondo, non avrei mai imparato a viaggiare davvero e soprattutto non avrei mai capito che potevo fare altro nella mia vita.

Credo che il concetto di un lavoro per 40 anni sia ormai scaduto e rimandare la vita a dopo la pensione sia assolutamente infondato.

Chi vi garantisce di arrivarci?

Rimandare a domani, all’anno prossimo, a quando avrete questo o quello è infantile.

Negli ultimi anni ho toccato con mano la morte in diverse occasioni e ho confermato che di vita ne abbiamo davvero una sola ed è brevissima, sprecarla facendo qualcosa che non ci rende felice non solo è da sfigati, ma anche da fifoni.

Come diceva il grande Jep ne La Grande Bellezza

La più consistente scoperta che ho fatto è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare

…e cosi ho fatto anche io in tutti gli ambiti della mia vita.

Lui lo scopre a 50 anni, quindi non è mai troppo tardi per cambiare rotta. Basta volerlo davvero! A tal proposito, ho aperto un gruppo “motivazionale” su Facebook per tutti coloro che mi hanno chiesto “ma come si fa??” e si sentono bloccati in una vita che non vogliono ed hanno bisogno di una spinta per trovare o perseguire una vita diversa, più completa e quindi più felice.

Lo potete trovare qui, vi aspetto 🙂

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