- Diventare Scrittrice per il Web. Intervista a Simona Redana
- Chi è Simona Redana
- Professione: Scrittrice per il Web
- Com'è stato il tuo percorso?
- Come hai trovato i primi clienti?
- Com'è stato il passaggio da dipendente a freelance?
- Che cosa diresti a chi vuole iniziare a lavorare come freelance?
- Come si diventa “Scrittrice per il Web”?
- Cosa significa essere mamma freelance?
- Come organizzarsi lavorando da casa
- Come vedi il futuro della tua professione?
- Messaggio all'umanità
Come si diventa scrittrice per il web? E come conciliare vita e lavoro come mamma freelance? E casa e ufficio lavorando da casa? Ne parliamo con Simona Redana.
A volte un buon inizio è meglio di un lieto fine (cit.)
Iniziamo con un “chi sei?”
Dipende da chi me lo chiede… No, non ho la coda di paglia, è che definire con esattezza il mio ruolo e la mia professione è tanto arduo quanto orientarsi sul sito dell’INPS.
Beh, partiamo dal nome, quello me lo ricordo (di solito): Simona Redana.
Ho anche un’età (ma sono una signora, e non si dice), una residenza in provincia di Milano, e il classico percorso di studi di quella che sogna di fare la creativa (liceo classico, laurea triennale in “Scienze della Comunicazione” e laurea specialistica in “Televisione, Cinema e New Media”).
A differenza di quanto si aspettavano amici e parenti ho cominciato a lavorare da subito – una settimana dopo la laurea per l’esattezza – e da allora non ho mai smesso, nemmeno per un giorno (no, nemmeno quello in cui ho partorito).
Beh, qualche giorno di vacanza – non pagato naturalmente – me lo sono preso, perché per poter fare il mio lavoro in modo creativo un minimo di vita bisogna averla.
Ecco, questa è una domanda difficile. Sono tanti i termini per definire i vari ruoli che ricopro con i clienti che in questi anni mi hanno dato fiducia: social media “cosa”, PR, web content, editor, blogger, copy…
Ma sono tutti termini fighetti per dire una cosa semplicissima: tu mi dici cosa devi dire… e io lo metto per iscritto.
Ho cominciato in un’agenzia di comunicazione dove mi occupavo di ufficio stampa.
Poi, complice il grande disagio che provavo a sprecare un terzo della mia giornata sui mezzi pubblici per raggiungere e lasciare la mia postazione di lavoro (che consisteva in una scrivania con telefono e computer) e il rifiuto da parte dei miei datori di lavoro di farmi lavorare da casa, ho mollato tutto e ho deciso di mettermi in proprio.
Ho cominciato la mia vita da freelance scrivendo per Gossip Fanpage e guadagnando i famigerati 3 euro a pezzo.
È vero, quando facevo la spesa pensavo “Cacchio, questo lavapiatti costa due articoli”, ma mi sentivo finalmente libera, e stavo imparando tanto.
Ho fatto il salto di qualità quasi subito, diventando direttore di Sologossip.it*.
* Uno dei siti di un grosso gruppo editoriale. Sono entrata come semplice redattrice ma dopo qualche mese la responsabile del sito si è licenziata e io ho preso il suo posto. Sono ormai 7 anni che collaboro con loro.
Nel frattempo ho ricominciato a occuparmi di ufficio stampa e ho iniziato a conoscere il mondo social e i suoi meccanismi.
Il lavoro è aumentato in maniera quasi esponenziale.
Il potere del passaparola è più potente di qualsiasi tentativo di “vendersi bene”.
Trovare collaborazioni era semplice se lasciavo soddisfatti i miei clienti: nonostante oggi mi occupi anche di marketing, penso ancora che il potere del passaparola sia più potente di qualsiasi tentativo di “vendersi bene”.
Sono tutti frutto di passaparola, non ho mai dovuto andare alla ricerca di clienti nuovi.
Ho imparato che anche per piccole collaborazioni devo mettere tutte le energie e l’entusiasmo che ho.
È vero, magari quel particolare progetto/cliente non è particolarmente interessante o remunerativo, ma dopo qualche tempo, se si sono trovati bene, tornano a rivolgersi a me.
Vale anche per gli altri partecipanti al progetto con cui ti trovi a collaborare: è capitato che fossero proprio loro, ingaggiati mesi dopo da un nuovo cliente, si ricordassero di me e gli consigliassero il mio nome per coprire un ruolo mancante nel progetto.
Beh, dipendente non lo sono mai stata, all’inizio avevo un semplice contratto a progetto. L’ebrezza di avere un lavoro sicuro, con vacanze e malattie pagate non l’ho mai provata, insomma.
Certo, diventare freelance significa che oltre a non avere un contratto a cui aggrapparsi bisogna anche vedersi privati di buona parte delle proprie entrate al momento di pagare le tasse.
Ma il senso di libertà che ti regala è impagabile.
E poi in fondo la cosa è reciproca: è vero che i clienti possono lasciarmi dall’oggi al domani senza darmi troppe spiegazioni se non si trovassero bene con me. Ma è anche vero che io potrei fare la stessa cosa, no? Il senso di insicurezza c’è da entrambe le parti, il che spinge sia il cliente che il freelance a trattarsi con reciproco rispetto.
È vero che i clienti possono lasciarmi dall’oggi al domani senza darmi troppe spiegazioni. Ma è anche vero il contrario. Il senso di insicurezza c’è da entrambe le parti, il che ci spinge a trattarci con reciproco rispetto.
Un po’ come quando si è fidanzati ma non si ha ancora un anello al dito: lei continua a depilarsi e a mantenersi in forma, lui si sforza di abbassare la tavoletta del water e di spiegarle la regola del fuorigioco ogni domenica.
Ma una volta sposati…
Ascolta il cliente, cerca di capire cosa vuole.
Consiglialo (possibilmente per iscritto, in modo da poterti appigliare al famoso “Io te l’avevo detto…” in caso di lamentele) ma sii consapevole che alla fine dovrai fare come vuole lui.
Tieni la cresta bassa, sii umile e assecondalo (perché anche a te non piacerebbe andare dal parrucchiere chiedendogli una spuntatina e trovarti con la testa rasata perché lui è convinto che quello sia il taglio più adatto a te), ma rialza subito la cresta quando si tratta di far valere l’unico diritto che hai come freelance: quello di essere pagato quando/quanto e come concordato.
Ecco, su quello sii intransigente e – gentilmente – fermo fin dall’inizio.
Per scrivere per il web non devi semplicemente saper scrivere, o saperlo fare bene.
Devi imparare a combattere perché tra miliardi di proposte simili, i lettori scelgano la tua.
Devi imparare i trucchi del mestiere, anche quelli più tecnici.
L’ideale è cominciare come web content per un portale che te ne dia l’opportunità, e carpire dal tuo responsabile tutti i consigli che saprà darti.
Come si è inserita la nascita di Emma nel mio lavoro? Letteralmente, direi.
Emma è nata appunto mentre stavo lavorando. E una settimana dopo ero di nuovo al computer e mi cimentavo con l’antica arte di scrivere con una mano perché con l’altro braccio si sostiene un neonato da allattare.
All’inizio è stato relativamente facile. Emma dormiva quasi tutto il giorno e io riuscivo a lavorare. Certo, la pagavo di notte. Il problema è sorto quando è cresciuta, ed ha cominciato – più che giustamente – a pretendere attenzioni che non sempre potevo darle.
Essere una mamma freelance significa avere a che fare con un costante e lancinante senso di colpa.
Perché un conto è lasciare un neonato o un bambino per andare in ufficio, dove per forza di cose siamo costrette a “staccare” fisicamente ed emotivamente con lui. Un conto è cercare di mantenere la stessa attenzione e professionalità che avresti in ufficio con i tuoi clienti mentre il bambino in questione piange disperato tirandoti un braccio e gridandoti “brutta mamma perché non vuoi giocare con me”.
La soluzione di solito è lasciare che tutte (o quasi) le tue entrate finiscano sul conto di un asilo nido o di una tata.
Prendersi un periodo di pausa? Sì, è possibile. Ma certo non puoi aspettarti che i tuoi clienti si privino della tua figura per più di qualche settimana. Devi mettere in conto che andando in “maternità” (ricordiamolo, NON pagata) al tuo ritorno ti troverai a dover ricominciare tutto da capo.
Una scelta che non ho mai visto fare a nessuna freelance, considerando l’enorme fatica che facciamo per costruire mattoncino su mattoncino la nostra carriera. Piuttosto il nido. In pratica non è che lavoriamo per poterci permettere un nido: paghiamo un nido perché ci permetta di lavorare. È diverso.
Vedi risposta sopra.
Ho sempre cercato di separare nettamente casa e lavoro, pur lavorando da casa.
Mi sono sempre data orari precisi: 9-18 con pausa pranzo.
Molti si immaginano la freelance che lavora dal divano sgranocchiando patatine con la TV accesa e un bambino che le gioca a fianco. In realtà lavorare seriamente in questo modo è praticamente impossibile. Puoi farlo se hai qualcosa di tuo, ma se dipendi da altri clienti devi avere orari d’ufficio e poter garantire loro che se ti chiameranno per una call urgente non si sentiranno rispondere “Scusi è che adesso sto facendo i biscotti”.
Io mi comporto esattamente come se mi trovassi in ufficio.
È vero, magari non mi trucco (e anzi, capita spesso che escluda la webcam da una call su Skype perché mentre lavoro ne approfitto per farmi una maschera di fango), ma cerco di garantire la stessa professionalità che offrirei se lavorassi fuori casa.
C’è stato un periodo in cui anche mio marito lavorava da casa come me. E mentre il mondo ci immaginava a sgranocchiare patatine insieme sul divano (e qualche sporcaccione si immaginava ben altro), noi lavoravamo ognuno nella sua postazione, con almeno due porte chiuse a separarci, e se dovevamo dirci qualcosa lo facevamo via WhatsApp, come avremmo fatto se avessimo lavorato in due uffici diversi.
Poi, ecco, in pausa pranzo e dopo le 18… beh il divano era nostro!
Non lo vedo. Preferisco vivere alla giornata perché il campo della comunicazione (per non parlare di quello del web) è in continua evoluzione.
Bisogna aggiornarsi di continuo, mettersi spesso in discussione, studiare, cambiare idea.
Io cerco di tenermi aperte più strade. Non faccio un po’ di tutto perché non ho voglia di impegnarmi in un campo specifico. Semplicemente trovo troppo rischioso buttarmi completamente su una cosa e ritrovarmi, dopo qualche anno, ad essere la più grande esperta di… un social network che è appena stato chiuso, per fare un esempio non così improbabile.
Un ultimo messaggio all’umanità? 🙂
L’unico messaggio da lasciare a un aspirante freelance è “Alzati e fattura”.
Per fare questo lavoro ci vuole davvero tanta fiducia. Verso se stessi, verso i propri clienti ma soprattutto verso il futuro.
Anche se verrai visto dai tuoi genitori, dalla zia Pina e da tutti gli amici che hanno un lavoro “normale” a tempo indeterminato come uno scansafatiche che non ha voglia di impegnarsi con un’azienda e che vive di sogni, in realtà per vivere alla giornata ci vuole un coraggio che non tutti hanno. Peccato che lo saprai solo tu.
Se ti sta bene apriti la tua partita Iva, alzati ogni mattina alle 8.00, lavora con impegno, fattura e verrai ripagato.
No, non dal cliente (lui lo farà dopo il quinto richiamo e la seconda minaccia di morte), ma dalle tante soddisfazioni che ti darà la tua carriera.
Se hai bisogno di un consiglio o una virtuale pacca sulla spalla mi trovi su simonaredana.it tutti i giorni lavorativi fino alle 18.00. Poi, come avrai capito, sarò sul mio divano con il famoso pacco di patatine in mano.
Intervista realizzata con la collaborazione di Nina Virtuoso. N.d.R.