greta e grazia pracilio

Lavorare come mamma freelance dentro e fuori dal web. Intervista a Grazia Pracilio

Lavorare come Autrice TV, Consulente Web e Consulente Fiscale per italiani all’estero… da mamma freelance! Ne parliamo con Grazia Pracilio.

Ciao Grazia
“Comincia a fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso ti ritroverai a fare l’impossibile.” (cit.)
Cominciamo con la solita domanda: Chi sei?

Mi chiamo Grazia Pracilio e la cosa che mi riesce peggio è osservarmi da fuori per presentarmi… quindi provo a prenderla come un gioco e ti dico: ho 44 anni e sono mamma di una bimba avuta a 43 anni.

Aver avuto una figlia a questa età, oltre ad essere la cosa più bella del mondo, è anche motivata dalle scelte che ho fatto, in primis il lavoro che mi ha assorbita totalmente e fatta sentire troppo “precaria” per poter garantire stabilità ad un figlio, perché sono sempre stata una freelance.

Ma Greta, mia figlia, è anche stata lo stimolo che mi ha portata a gestire e interpretare in modo diverso l’essere freelance.

Andiamo per gradi: sono abruzzese di origine, vivo a Roma ormai da 24 anni, precisamente da un lontano 2 Settembre in cui ho fatto i bagagli verso una città in cui avrei sempre voluto vivere, e l’occasione di trasferirmi è stata l’Università, facoltà di Lettere con indirizzo spettacolo.
Scelta convinta, grande passione, un obiettivo: lavorare in TV.

E questo è esattamente quello che ho fatto in seguito: l’autore televisivo.

Mi sono divertita, ho lavorato tanto, ho fatto programmi per Rai, Mediaset, e qualche TV estera, e nel frattempo, negli anni, sono accadute due cose importanti:

  1. la TV è cambiata,
  2. si è sviluppato il web.

Una qualunque persona che lavora nella comunicazione non può sottovalutare questi cambiamenti, ed io ho colto in questa trasformazione una nuova opportunità.

Tutto nasce grazie ad un uomo che mi ha cresciuta umanamente, culturalmente e mentalmente: mio padre.
L’ho perso nel 2007 e mi ha lasciato la più grande delle eredità: il suo esempio.
Era un esperto fiscalista, si è occupato per anni di diritto tributario, tasse e persone che cercavano risposte, e aveva in progetto di avviare un’attività di consulenza fiscale una volta andato in pensione… cosa che poi non ha avuto il tempo di fare.
Mi istruiva, mi insegnava tutto ciò che riguardava il suo lavoro e mi diceva: impara, impara sempre, ed io continuo a farlo ogni giorno.

Cosa fai? Di cosa ti occupi di preciso?

Oltre a continuare a fare tradizionali programmi TV come freelance, mi occupo anche di promozione, brand reputation, storytelling per aziende e siti web.

Inoltre lavoro come freelance per Madre in Italy, il sito che ho creato con Francesco Menghini, rivolto sia agli italiani all’estero che a quelli in procinto di trasferirsi, anche solo per un periodo.

Con Madre in Italy ho dato forma al progetto che aveva mio padre e ho messo a frutto tutto ciò che mi aveva insegnato ed era custodito in un cassetto, ossia le consulenze fiscali.

In particolare realizzo e curo consulenze su tasse, AIRE e sanità, che sono temi cruciali per gli italiani che vivono o lavorano all’estero.

Gestisco i rapporti con i clienti, indirizzo le consulenze specifiche ai professionisti con cui collaboriamo, coordino le riunioni con loro perché spesso le consulenze necessitano di una sinergia di competenze, ed infine le rivedo, le scandaglio in ogni dettaglio, le verifico e le invio all’utente che le richiede.

Sono tre anni che studio, mi occupo di convenzioni bilaterali, di pensioni all’estero, di assistenza sanitaria, di residenza fiscale e mi confronto con tecnici della materia, ex colleghi di mio padre che mi supportano e consigliano, professionisti abilitati all’esercizio della professione a cui mi rivolgo per garantire certezza e pignoleria.

Ed infine come freelance scrivo post sull’argomento e guide pratiche che nascono come risposte alle richieste e alle esigenze dei nostri utenti.

La caratteristica principale di questo lavoro è l’onestà: devi verificare ogni cosa, tenerti costantemente aggiornato, essere fedele all’utente e garantirgli il massimo perché sono temi importanti per la sua vita.

Quindi mi metto sempre nei panni di chi richiede una consulenza e mi schiero sempre dalla sua parte tutelandone la privacy, poi metto insieme tutti gli esperti per un confronto mirato!

Quella delle mamme freelance è ormai diventata una sezione delle mie interviste. “Fare il freelance è difficile, fare la mamma lo è senz’altro ancora di più”. Da una parte c’è il bisogno di stabilità da dare ai propri figli, dall’altra il legittimo desiderio di bilanciare vita e lavoro, carriera e famiglia… cosa che spesso non è possibile in una vita “corporate“. Che mi dici in proposito?

È esattamente quello che vivo.

Un equilibrio che va reinventato ogni giorno tra i cambiamenti naturali che la nascita di un figlio comporta:

  • la stabilità che vuoi garantirgli, la precarietà di una vita da freelance;
  • l’abitudine a concedersi totalmente ad un lavoro che ami, le necessità di un bimbo piccolo a cui non vuoi far mancare nulla.

Essere freelance non è facile, ma sono nata e cresciuta con un carattere da freelance perché non amo le catene.

Ho scelto un lavoro in TV che mi ha portato in ogni programma a “cambiare” colleghi e materia a seconda del contenuto trattato… e poi sono nata mamma, perché per una donna è naturale esserlo.

Quindi sono due elementi che mi appartengono e a cui ho scelto di non rinunciare… con grande sacrificio, ma anche con grandi sorrisi.

Per essere freelance e mamma insieme devi necessariamente fare appello a creatività, ingegno, organizzazione e pazienza, oltre ad avere un planning d’acciaio che però devi sempre essere pronta a rivedere.

La nota negativa è che purtroppo oggi in Italia alle mamme freelance non sono riconosciuti gli stessi sostegni e diritti di altre mamme con un contratto di lavoro dipendente.

Oggi in Italia alle mamme freelance non sono riconosciuti gli stessi diritti di altre mamme con un contratto di lavoro dipendente.

Questo è molto amaro.

Da una parte hai un background creativo: Lettere a indirizzo spettacolo, autrice TV, storytelling, marketing… dall’altra ti sei specializzata in qualcosa che – almeno all’apparenza – non ha proprio niente di creativo: consulenze fiscali per italiani all’estero. È una “convivenza difficile”?

Risposta filosofica: sembrano due ambiti opposti ma sono le due diverse anime che appartengono a ciascuno di noi, solo che siamo troppo abituati a dare spazio ad una sola di queste.

Pensiamo sempre di dover essere o di dover diventare una sola cosa.

Ambiamo ad avere una vita lunga, mentre secondo me dovremmo considerare di avere anche una vita larga, dando spazio a più cose.

Io sento vive entrambe le anime: quella creativa e quella razionale; sono semplicemente due rovesci della stessa medaglia.

La risposta concreta è che a mio avviso queste due anime dovrebbero sempre convivere.

Il lavoro in TV, quello nel marketing e nella promozione aziendale, sono estremamente creativi, ma la creatività nel mio caso è come l’acqua, e deve sapersi adattare al contenitore, al cliente, al budget, al pubblico, alle logiche aziendali, e in questo l’anima razionale è importante.

La creatività è come l’acqua: deve sapersi adattare al contenitore, al cliente, al budget, al pubblico, alle logiche aziendali.

Dall’altra parte, il mio parere è che per un consulente fiscale è necessario avere la capacità di empatizzare con il proprio cliente, capirne l’emotività e considerarlo una persona con una storia… e non una pratica tecnica.

Da questo punto di vista lo storytelling e la passione mi portano a relazionarmi in modo più sincero e umano con gli utenti che ci richiedono consulenze.

Il fatto di aver avuto una lunga esperienza sia in TV che nel web ti darà una sguardo senz’altro più consapevole di quello di tutti i professionisti che conosco. Quali sono gli aspetti più significativi secondo te di questo passaggio dalla “cultura televisiva” alla “cultura multimediale”?

La risposta meriterebbe un libro, perché è un argomento vasto, multisfaccettato, con diramazioni antropologiche.

Gli aspetti significativi di questo passaggio sono tanti, ad iniziare dalle opportunità che ha creato, dal target di riferimento, dalla tipologia di prodotto, dal linguaggio, dai budget, dagli inserzionisti, dagli sviluppi futuri.

È un cambiamento sociale con una modificazione inter-media, cioè interna ai media stessi.

Quello della TV inizia con la nascita dei canali satellitari e con la maggior globalizzazione dei contenuti.

Poi è arrivato anche lo sviluppo del web che ha creato un ulteriore passaggio parallelo.

Eppure sono tre cambiamenti che continuano a coesitere, infatti spesso si parla anche di comunicazione o progetti cross-mediali che utilizzano più canali di comunicazione, in particolare sia web che TV.

Sul web però gli investimenti sono ancora deboli rispetto alla televisione, i budget sono più limitati e ne viene penalizzata la qualità del prodotto, anche se potenzialmente il pubblico del web è più globale rispetto al quello televisivo.

Dall’altro lato è ovvio e naturale che si tratti di prodotti diversi perché sono fruiti in modo diverso, seguono logiche completamente diverse, e sono realizzati con una concezione diversa.

Una caratteristica dominante però è il sempre maggior interesse da parte delle aziende per il web, perché ne colgono l’immediatezza, l’efficacia e la leggerezza.

Per me, come per molti altri professionisti che ho intervistato, il trasferimento all’estero rappresenta un vero e proprio momento di svolta nella propria vita personale e professionale. Interagisci praticamente quotidianamente con italiani che hanno deciso di lasciare l’Italia e cercare fortuna altrove. Trovi che ci siano dei tratti comuni nelle esperienze di questi italiani che espatriano?

Ognuno ha la propria storia e questo è il punto di partenza.

Tanti ragazzi scelgono di trasferirsi, amano vivere nel mondo, viaggiare e conoscere nuove realtà… e ne sono felici.

Poi c’è chi va all’estero per un periodo, perché magari ha colto un’opportunità di lavoro irrinunciabile, lasciando spesso la famiglia in Italia.

Altri cercano e trovano all’estero l’occasione di crescere.

Infine c’è chi cambia vita scegliendo una casa altrove.

Molti purtroppo sono arrabbiati con l’Italia e le ragioni sono comprensibili.

Oppure ne hanno nostalgia, ma non rinuncerebbero alla qualità della vita che hanno trovato fuori.

Il tratto comune che trovo in tutti è la voglia di realizzarsi.

È un’energia che l’Italia perde.

Personalmente, quando conosco queste persone e mi rendo conto che il loro talento avrebbe arricchito l’Italia, mi viene voglia di accendere un megafono.

Molti sono arrabbiati con l’Italia e le ragioni sono comprensibili. […]
Il tratto comune che trovo in tutti è la voglia di realizzarsi.
È un’energia che l’Italia perde.

Quando conosco queste persone e mi rendo conto che il loro talento avrebbe arricchito l’Italia mi viene voglia di accendere un megafono.

Altro tratto comune riguarda la sanità: quando subentra un problema di salute vogliono tutti tornare a casa e preferiscono farsi curare in Italia.

Infine, la burocrazia: su questioni tecniche e burocratiche preferiscono tutti relazionarsi con qualcuno che parli italiano.

Di solito faccio sempre la domanda “come si diventa un/una …”. Ma tu sei “diventata” tante cose: autrice TV, consulente web (marketing) e consulente fiscale. Quindi a te farò la domanda “come si diventa… quello che si vuole diventare?”

Non c’è una regola e soprattutto non c’è una strada asfaltata.

Ognuno disegna il proprio percorso.

È anche vero però che ci sono delle caratteristiche che ci aiutano a crescere.

Al primo posto metterei la capacità di comprendere:

  • devi saper comprendere le persone che ti ritrovi davanti;
  • devi riuscire a comprendere quale momento è quello giusto;
  • devi imparare a comprendere i tuoi errori per superarli
  • e devi allenarti a comprendere ogni situazione.

Poi ci vuole determinazione, devi avere fame.

Come hai trovato i primi clienti? E come li trovi adesso? C’è una qualche lezione, un segreto, un consiglio da dare riguardo al trovare clienti?

Non li ho trovati, mi hanno trovata loro!

Questo è il mio modo di vedere le cose: devi metterti a disposizione di chi ha bisogno delle tue competenze ed indicargli il modo per contattarti.

Io e Francesco abbiamo aperto un sito, pubblicato contenuti specifici inerenti i temi delle consulenze e gli utenti ci hanno chiesto di aiutarli a risolvere i loro problemi a riguardo.

Le cose non sono cambiate nel tempo, i clienti continuano ad arrivare così, ma ovviamente si è aggiunto il passaparola, che è la miglior referenza.

Hai appena descritto un processo tipico nella SEO: crei contenuti di qualità, ti posizioni con determinate parole chiave, ti fai trovare da utenti che effettuano determinate ricerche su Google. Ed è un processo che consiglio anch’io. Parte del successo può derivare anche dall’aver trovato una buona nicchia di mercato. 

Si, in parte arriva da questo.

Se ci pensi, quello che oggi sul web si chiama nicchia non è una cosa nuova: non è molto diverso da quello che in TV si definisce “audience” o nel commercio “settore”… devi saper individuare un ramo di cui c’è richiesta e far in modo di soddisfarla nel migliore dei modi.

Dall’altro lato il marketing insegna che il bisogno va creato.

Portare all’attenzione una tematica e metterla in primo piano è il primo passo: creare interesse intorno a questa e generare traffico.

E poi ci sono i geni, i talenti che le cose le inventano e le regole le scardinano… pensa a Jobs, perfetta sintesi…

  • Lui la nicchia l’ha intercettata o creata?
  • Oppure ha radicalmente cambiato le regole del suo settore?

Sai cosa vince in ogni caso alla fine? La qualità.

Pensa a mille pasticcerie. Tutte hanno una buona nicchia di golosi… tu alla fine in quale scegli di entrare?

Hai lavorato anche per TV estere mi hai detto. Quanto definiresti importante la conoscenza dell’inglese… o di un’altra lingua straniera?
E anche in riferimento all’aver a che fare con i nostri connazionali all’estero… come trovi la differenza tra il mercato italiano e i mercati esteri?

La “proprietà” di una lingua ti permette di instaurare relazioni. Più è profonda la conoscenza della lingua, più è alto il livello delle relazioni che instauri.

Ossia: se la mia conoscenza di una lingua straniera si limita a cose basiche, come chiedere un caffè, dialogare del meteo, acquistare un biglietto del tram, ovviamente sarà questo il livello delle conversazioni possibili.

Col tempo si accumulerà frustrazione, perché ti sentirai arido, ti mancherà poter comunicare con qualcuno in modo vero.

È per questo che è importante la conoscenza della lingua in cui comunicano le persone che hai intorno.

Ti permette di manifestare chi sei agli altri, e finché non riesci a manifestarlo, come potrai aspettarti che sappiano quanto vali?

Poi è tutto relativo a quello che fai e che vuoi fare. Se non fai un lavoro di relazione, puoi anche permetterti di sopravvivere con poche conoscenze linguistiche, me nessuno può dire che non siano importanti.

Gli italiani all’estero, quando hanno poca conoscenza della lingua del posto, si ritrovano a frequentare spesso altri italiani, ma nel mercato del lavoro, più è alto lo standard professionale, più il mercato richiede un buon livello della lingua straniera, a meno che tu non faccia un lavoro in cui è dominante o la conoscenza dell’italiano, o la specificità tecnica e le skill, oppure che tu scelga un paese in cui si parla anche italiano.

Ci sono state delle scelte che hai dovuto fare? Delle rinunce? Dei sacrifici?

Ogni giorno, anche nelle piccole cose, accade che…

  • io faccia almeno una scelta su quali sono le priorità,
  • io faccia almeno una rinuncia,
  • io faccia almeno un sacrificio.

Oggi ho rinunciato a portare mia figlia al mare perché devo consegnare una consulenza.

Però preferisco chiamare tutto questo “organizzazione”, cosa che per un freelance è fondamentale.

Avere una figlia a 43 anni immagino sia stato più difficile che averla a 30 anni*. Che mi dici in proposito? Anche in questo caso hai dovuto superare paure? O fare sacrifici o rinunce?

* Età media in cui si fanno figli in Italia secondo questo articolo ad esempio.

Questa domanda tocca una corda emotiva difficile da raccontare a parole – e credo anche di difficile comprensione per un uomo – ma provo a trasmetterti nel modo più sincero cosa ho vissuto.

Nella mia vita non ho mai pensato di rinunciare ad avere figli.

Mi dicevo sempre che avrei dovuto aspettare il momento “opportuno” ma quel momento non lo sentivo mai presente.

Ed è così che sono arrivata a 43 anni, età in cui ti dici:

ma quando lo farò questo figlio, se non ora? Il tempo passa, la biologia incombe e rimanderai fino a quandosenza neanche accorgerteneci avrai rinunciato in nome del lavoro, degli impegni, di altre priorità.

Ecco: non volevo questo.

E così mi sono affidata un po’ al fato… e Greta è arrivata subito!

Ho pianto per cinque giorni quando ho saputo di essere incinta, perché la vita a cui ero abituata stava cambiando… ed effettivamente è radicalmente cambiata: ho dovuto ridimensionare gli impegni, ero abituata a viaggiare molto per lavoro, e senza dubbio in gravidanza non è stato possibile avere quei ritmi.

Poi, con una bimba di pochi mesi, pensi anzitutto a lei.

E quindi ho rivisitato il mio approccio alla carriera.

Ne ho guadagnato in appagamento.

E in questo percorso ho conosciuto moltissime mamme 40enni, più di quante ne avrei immaginate. Sì, avere una figlia a 43 anni è diverso… e tutte loro sanno di cosa parlo.

C’è stato per te un qualche passaggio psicologico per arrivare ad una importante decisione per la tua vita?

In realtà ci sono stati molti passaggi, quei momenti in cui ti metti allo specchio e diventi un po’ lo psicologo di te stesso.

Prima regola: raccontarsi la verità.

Seconda regola: “la teoria del violino”…

Banalizzando e sintetizzando la teoria del violino dice: come puoi dire che non saresti stata la più brava violinista del mondo se non hai mai provato a suonare un violino?

Il che significa che finché non ci provi, non puoi rinunciare a qualcosa a cui tieni veramente… e se pensi che la vita vada vissuta, allora devi viverla e basta, altrimenti diventa un cumulo di paure.

Insomma: meglio mettersi davanti a un ponte che a una barriera.

Hai vissuto momenti difficili nella tua carriera? Come si superano i momenti difficili?

Vorrei tanto poter dire di no, ma non è così, ne ho vissuti e ne vivrò ancora, e sono dati dalle incertezze che l’essere freelance comporta.

Ogni volta che sei all’apice, devi sapere che puoi cadere.

Il segreto è non sentirsi mai all’apice, ma continuare sempre a lavorare per migliorarti, devi tenerti aggiornato, non puoi permetterti di essere anacronistico.

Ogni volta che sei all’apice, devi sapere che puoi cadere.
Il segreto è non sentirsi mai all’apice
ma continuare sempre a lavorare per migliorarti.

Sul come si superano i momenti difficili direi che la cosa migliore è osservarsi da fuori e fare ciò che consiglieresti al tuo più caro amico.

A buttarci giù non sono mai le cose in sé, ma il modo in cui le viviamo… e il coinvolgimento emotivo non ci permette di vedere in modo lucido la via d’uscita.

Il tuo più grande errore con un cliente?

Non farmi pagare. Mi è capitato in circostanze particolari di non farmi pagare per il lavoro svolto.

All’epoca mi sembrava giusto così, ma a distanza di tempo ti dico che questo è il più grande errore, toglie valore a quello che fai, a quello che sei e a quanto lavoro fai.

Il tuo più grande successo (con un cliente)?

Tanti, soprattutto perché vivo del lavoro che ho scelto.

Non c’è un successo che considero dominante.

Può essere dominante solo un insuccesso.

La scelta più azzeccata che hai fatto nella tua vita (professionale)?

Diversificare.

Un consiglio “forte” per chi vuole diventare freelance…

Fare networking.

Per un freelance è importante farsi scegliere.

Che percorso consiglieresti ad un aspirante… quello che fai tu?

Consiglierei di specializzarsi, di acquisire una professionalità consapevole e sostenuta da preparazione, di anticipare le tendenze della comunicazione e di utilizzare ogni strumento per imparare, sperimentare e farsi conoscere.

Quello che premia è la qualità di ciò che facciamo.

Un bel libro da consigliarci?

I libri sono i miei gioielli, e la mia libreria racconta la mia vita, i momenti che ho vissuto, le persone che ho incontrato, gli argomenti che mi hanno attratta, le scelte che ho fatto, quindi ne ho tanti che considero preziosi.

Quando devo fare un regalo, preferisco sempre scegliere un libro che sia adatto alla persona a cui è destinato.

Un libro che potrei consigliare di leggere e a cui sono legata è “Bevve la cicuta per inventare l’uomo moderno”: racconta di Socrate e del modo in cui morì. È un libro sulla dignità.

Di solito faccio sempre la domanda “Come vedi il futuro del tuo settore?” ma a te chiederò “Come vedi il futuro?”

Lo vedo in costante movimento, come un fiume, “Panta Rei”.

Grazia, che dire…
È stata una bellissima chiacchierata!
Un ultimo messaggio all’umanità? 🙂

Ti dico grazie per questa intervista, e non ho messaggi da dare all’umanità, ma il senso della domanda mi fa pensare a mia figlia.

Mi chiedo in che mondo vivrà e mi auguro che possa crescere in un mondo fatto di persone che non dimenticano mai di essere umane.

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