- Diventare Psicologo Freelance. Intervista a Ivan Ferrero
- Chi è Ivan Ferrero
- Professione: Psicologo Freelance
- Promuoversi senza vendersi, ma offrendosi
- Ripartire da zero grazie a un sito web
- Blog, nicchia e posizionamento
- Specializzazione VS Diversificazione
- Il mercato della User Experience
- Come trovi i tuoi clienti?
- Altre strategie per trovare clienti
- Consigli per diventare freelance
- Scelte, rinunce e sacrifici
- Come si superano i momenti difficili?
- L'importante dell'inglese
- Il tuo più grande errore?
- Il tuo più grande successo?
- La scelta più azzeccata
- Per chi ha paura di diventare freelance?
- Diventare freelance e le dinamiche nella società
- Siate curiosi
- Come vedi il futuro?
- Messaggio all'umanità
Come diventare Psicologo Freelance e come farsi strada attraverso internet promuovendosi come si deve con un sito web e con i Social Media. Ne parliamo con Ivan Ferrero.
“La vita comincia alla fine della nostra Comfort Zone” (cit.)
Noi cominciamo con una domanda: chi sei?
Ciao Jonathan sono Ivan Ferrero, sono un giovane di 41 anni, nato a Torino e da una decina di anni vivo attorno a Milano.
Dopo il Liceo mi sono iscritto alla Facoltà di Informatica, ma dopo due anni senza avere superato neanche un esame, un Servizio Militare in mezzo e un bel po’ di introspezione, sono approdato a Psicologia (ho sempre avuto la passione per l’Essere Umano e dei suoi perché), in cui mi sono laureato e poi specializzato in Psicoterapia in Analisi Bioenergetica.
Lavoro con bambini e adolescenti dal 2000, e nel frattempo ho sempre portato avanti la passione per la Tecnologia, che mi segue sin da quando ero bambino.
Così, dopo un percorso a zig zag, ho deciso di unire le due passioni (e la mia esperienza con i ragazzi) in un unico concept.
Attualmente mi definisco Psicologo delle Nuove Tecnologie e mi occupo sia di tematiche più cliniche e sociali, come Cyberbullismo, Dipendenza da Internet, Hikikomori, Educazione Digitale, sia di tematiche più “business” quali la User Experience legata alle nuove tecnologie come i chatbot, la realtà virtuale, i social robots.
Sono sempre stato un freelance.
La diversificazione è sempre stata la mia filosofia di vita, un po’ per natura, un po’ per esigenza, un po’ per curiosità.
Diversificare da una parte mi aiuta a reggere gli alti e bassi del mercato, dall’altra soddisfa questa mia irrequietezza mentale.
A chi mi chiede che lavoro faccio io rispondo sempre “lavoro con i ragazzi”, che meglio definisce e riassume una grande parte del mio percorso sino ad ora.
A tal proposito lavoro molto con le scuole, le cooperative, gli assistenti sociali.
Svolgo progetti sia nelle scuole (in cui aiuto gli studenti in difficoltà… e i docenti… in difficoltà) che sul territorio (quindi a stretto contatto con le famiglie disagiate).
Partecipo anche a conferenze sulle nuove tecnologie e sui rischi legati a queste.
Offro inoltre consulenze individuali ai genitori che sono alle prese con i loro figli.
Per promuovere questo aspetto della mia professione, ho aperto e gestisco il portale www.bullismoonline.it.
Scopo principale del portale rimane comunque quello di fornire una corretta informazione sui fenomeni trattati.
Presto pubblicherò una piattaforma di e-learning dedicata all’argomento.
Poi svolgo la mia pratica di Psicoterapeuta.
Dal lato business sto approfondendo il tema della User Experience legata alle nuove tecnologie, con l’idea di fornire consulenze nel settore.
Escludendo la User Experience, il mio lavoro ha una fortissima componente sociale: spesso ho a che fare con soggetti molto fragili, persone che affidano la loro vita a me a 360 gradi.
Per loro divento un punto di riferimento, spesso non solamente clinico: ai loro occhi divento la persona che gli metterà a posto la loro vita.
È una grandissima responsabilità, il rischio di sbagliare è sempre dietro l’angolo.
Ogni parola deve essere pesata in modo che non venga fraintesa, oppure intercettata male e poi messa in pratica nella vita quotidiana.
Questo comporta la necessità di un modello di promozione che non può seguire i canoni classici.
Non convincere o persuadere, ma farsi conoscere in modo che l’altro possa sceglierti o meno.
Non vendere, ma offrire.
Ogni mio canale è come un luogo di incontro in cui mi faccio conoscere e do alle persone la possibilità di verificare se sta nascendo quel collegamento necessario per un buon percorso psicoterapeutico.
Lavorare con i ragazzi non è più facile: per poter interagire veramente con loro devo scendere al loro livello, entrare nei loro mondi, “camminarli”… posso assumere il ruolo di fratello maggiore, padre, amico più grande… e devo costantemente rimanere all’erta per mantenere quel dislivello educativo e terapeutico necessario affinché il mio intervento sia efficace.
Come Psicologo mi sento moralmente ed eticamente obbligato a seguire un modo di promuovermi non invasivo, non costrittivo e che sia il meno manipolatorio possibile.
Il marketing è un continuum: anche il modo in cui ci presentiamo in studio rappresenta un’operazione di immagine che comporta un’inevitabile forma di manipolazione.
Le persone che si rivolgono a me stanno attraversando un momento molto particolare della loro vita.
Sono persone molto fragili, spesso disperate, alla ricerca di una salvezza.
In queste condizioni sono molto influenzabili, si affidano a me e la responsabilità è enorme.
Al di là della mia professione, i dati parlano chiaro: le persone sono sempre più cieche ai banner pubblicitari e odiano i pop up.
Hanno acquisito un ruolo attivo per cui sono loro che ricercano il prodotto o il servizio.
Non hanno bisogno di essere approcciate, anzi vedono questo comportamento come un’invasione del loro spazio vitale (pensa agli stand dei supermercati).
Le nuove generazioni inoltre provano odio e respingono chi cerca di vendere loro qualcosa.
Vien da sé che, se vogliamo che il nostro business si sviluppi, deve cambiare il modo con il quale concepiamo i nostri possibili clienti.
Rimanere sempre all’interno del loro campo visivo (metaforico) senza mai ostacolare il loro cammino.
Dobbiamo essere presenti nelle loro vite anche quando non abbiamo nulla da vendere.
Prima aiutarli e solo dopo proporre.
Dobbiamo costruire la fiducia: diventare un compagno a cui queste persone si rivolgono quando hanno necessità.
A quel punto presentare un prodotto in vendita sarà semplicemente una diretta e naturale conseguenza del nostro consiglio.
È un processo più lungo e meno immediato, ma che assicura maggiori risultati nel medio-lungo termine.
Direi molto bene! 😉
Quando approdai a Milano mi sono ritrovato in un terreno completamente sconosciuto e già abbastanza saturo, per cui capii che avrei dovuto trovare canali paralleli per la mia promozione.
A quei tempi molti colleghi non avevano ancora compreso il potere del web e le sue potenzialità, quindi mi dedicai allo sviluppo di questo canale.
Il fatto di avere le conoscenze tecniche necessarie per costruire un sito web in autonomia mi aiutò moltissimo.
In questo modo non solo riuscii a bypassare i miei colleghi, ma fui anche in grado di filtrare le persone che mi contattavano.
Nel mio blog parlavo principalmente dal punto di vista della mia specializzazione, ossia l’Analisi Bioenergetica.
Questo mi ha aiutato a selezionare in modo naturale le persone: chi si sentiva più vicino al mio modo di pensare e alle tecniche da me utilizzate mi telefonava per un appuntamento, gli altri probabilmente passavano da altri colleghi.
Senza rendermene conto stavo operando una segmentizzazione del target, inserendomi in una nicchia.
Inizialmente il posizionamento su Google è avvenuto quasi per caso, dal momento che a quei tempi non avevo ancora conoscenze di SEO.
È accaduto che parlando delle emozioni e della loro difficile gestione – e facendolo dal punto di vista della mia specializzazione (corpo-mente) – il sito ha iniziato a posizionarsi da sé, aiutato dal fatto che in quel periodo gli Psicologi che utilizzavano un sito web per la propria promozione erano pochi, anche in una metropoli come Milano.
In seguito ho rifinito il sito, aggiungendo i social network che in quel periodo iniziavano a svilupparsi anche in Italia, primi tra tutti Facebook e Twitter.
Grazie a questo posizionamento le persone trovavano il mio sito su Google, iniziavano a seguirlo, e quando prendevano abbastanza confidenza mi telefonavano per un appuntamento.
Considera che ho avuto persone che mi hanno seguito per mesi o un anno prima di contattarmi: il nostro è un lavoro in cui devi essere molto… paziente… ?
Diversificazione e specializzazione sono concetti che probabilmente devono essere parte di uno di quei “massimi” equilibri da perseguire… tipo il famoso work-life balance. Specializzarsi troppo infatti significa anche esporsi: ad esempio se mi specializzo in una tecnologia o in una disciplina che un giorno diventerà obsoleta. Che ne pensi, da psicologo?
Da questo punto di vista noi psicologi siamo una categoria professionale dannata, soprattutto chi, come me, si è laureato con il vecchio ordinamento, perché usciamo dall’Università con una base di conoscenze generiche molto ampia.
Quindi, anche se poi in realtà tendiamo a specializzarsi, potenzialmente potremmo occuparci di qualunque cosa (entro certi limiti, ovviamente).
Questo genera la tentazione di promuoversi per il maggior numero di casi possibile, nell’idea di allargare in questo modo la nostra offerta e quindi attrarre un maggior numero di clienti.
È sempre difficile spiegare ad uno psicologo l’idea della nicchia, perché per ogni proposta a cui rinunci ti sembra di perdere delle opportunità.
È difficile spiegare l’idea della nicchia:
per ogni proposta a cui rinunci ti sembra di perdere delle opportunità.
Io ho impiegato molto tempo per comprendere realmente il concetto di nicchia e il suo valore, ma lo sforzo maggiore è stato trovare il “coraggio” di lasciare andare alcune opportunità.
In un mercato così saturo e intasato come quello della Psicologia specializzarsi è prima di tutto una questione di sopravvivenza.
La considero anche una forma di rispetto verso chi si rivolge a me.
Rivolgendosi ad una nicchia invece si attraggono solamente le persone che si sentono già in sintonia con il proprio modo di lavorare, perché lo hanno conosciuto attraverso i miei canali.
In questo modo abbrevio i tempi del percorso terapeutico e ne aumento l’efficacia.
Inoltre specializzarsi in pochi ambiti di intervento mi permette di emergere dal rumore di tutti quei colleghi che rimangono generalisti, che si promuovono per qualunque cosa e quindi di fatto non si capisce di cosa si stiano occupando.
È utile specializzarsi in un’unica tecnologia?
Anche indovinando un trend noi sappiamo bene che non sono mai eterni, per cui il vero segreto è di non focalizzarsi sulla tecnologia, ma su un processo, delle skill.
Il vero segreto è di non focalizzarsi sulla tecnologia ma sul processo, su delle skill.
Le tecnologie passano, le skill no.
Le tecnologie passano, le skill no.
Se io imparo a programmare in Flash* devo sperare che questa tecnologia rimanga, eppure noi sappiamo come sono andate le cose.
*ActionScript è il linguaggio di programmazione di Adobe Flash. Per quanto ancora usato – mi pare di capire – in alcune applicazioni specifiche il linguaggio è ormai da considerarsi obsoleto come linguaggio di sviluppo siti web. C’era invece un momento in cui pareva che Flash fosse il futuro! Futuro presto stroncato per la difficoltà di realizzare siti web in Flash che fossero anche SEO Friendly. [N.d.R.]
Ma se io imparo come programmare… posso utilizzare questa serie di skill per il Flash ma anche poi per l’HTML5 e così via.
Sarò in grado di trasferire queste skill ad ogni altra nuova tecnologia mi presenterà il futuro.
Chi conosce il COSA e il COME può fare molta strada, ma sarà sempre soggetto alle fluttuazioni delle innovazioni e avrà sempre bisogno di una certa dose di fortuna.
Chi conosce il PERCHÉ, invece, sarà molto più flessibile e adattabile.
Quando iniziai ad approcciarmi alla User Experience ero molto timoroso.
Per quanto abbia una buona conoscenza tecnica, non posso minimamente paragonarmi ad uno sviluppatore web o software di professione.
Con mia immensa meraviglia scoprii invece che nella UX l’aspetto tecnico è l’ultimo anello della catena, poiché spesso si lavora in team, per cui la parte di sviluppo tecnico è delegata ad uno sviluppatore.
La vera parte di UX è fatta di ricerca, di analisi dei dati, della psicologia e del comportamento del target.
Quindi stiamo parlando di Psicologia!
Chi si occupa di UX ad alti livelli quasi non tocca mai neanche una riga di codice, pur rimanendo che una base di conoscenza tecnica rimane utile, in quanto ti interfaccerai molto spesso con gli sviluppatori.
La UX è metodologia, e sta diventando una sorta di competenza trasversale: imparato un metodo, lo potrai applicare in ambiti della vita molto differenti tra loro.
Da questo punto di vista ci sarà sempre bisogno di User Experience.
Indipendentemente da quale tecnologia utilizzeremo in futuro, ci saranno sempre persone che la utilizzeranno, o con cui interagiranno.
I tempi sono cambiati e anche il sito web ha cambiato la sua funzione.
Ormai il target di uno Psicoterapeuta è sui social network, in Italia soprattutto su Facebook.
Quindi mi sono spostato sulla piattaforma blu, e mi promuovo sia con il mio profilo individuale (che è pubblico) che con le pagine.
Questo mi permette di avviare con le persone una relazione umana.
Se attraverso il sito le persone conoscevano il mio modo di lavorare, attraverso Facebook hanno modo di conoscere anche la mia persona.
Quando vengono nel mio studio sanno già chi sono, di cosa mi occupo e come me ne occupo, e questo facilità molto la fase iniziale.
Negli ultimi anni mi sono dedicato anche a temi più sociali quali il Cyberbullismo e gli altri pericoli di Internet.
Per questa specializzazione ho intenzione di sperimentare nuovi canali e nuove forme di business come i corsi online e i membership site, sia in italiano che in inglese.
Sto anche valutando di aprire dei gruppi e una chatbot e associarli ad una campagna di Patreon.
Per ciò che riguarda la UX Design, invece, probabilmente aprirò un nuovo sito portfolio in cui presentare i miei lavori, e poi utilizzare LinkedIn per la ricerca di collaboratori.
È una strategia ancora da valutare.
Prima di tutto uscire dalla vecchia associazione Psicologia = Clinica.
La Psicologia riguarda la mente umana, per cui la ritroviamo ovunque.
Ai giovani Colleghi che mi chiedono delle dritte io rispondo sempre che ovunque ci sia un essere umano ci può essere anche la Psicologia.
Purtroppo vedo ancora molti Colleghi che danno per scontato il percorso tradizionale Laurea + Esame di Stato + Scuola di Specializzazione in Psicoterapia.
Se vuoi fare lo Psicoterapeuta, oppure lo vuoi prendere come un percorso personale, ha un senso, ma esistono numerose altre mansioni in cui basta una laurea, l’Esame di Stato, oppure master esterni al nostro percorso tradizionale.
Detto questo, devi capire per cosa sei effettivamente portato.
Qual è l’aspetto della Psicologia per il quale passi intere serate ad informarti, per il quale sfrutti ogni singolo secondo libero della tua Vita?
Sto parlando di quella fiamma che ti brucia dentro e che sei in grado di trasmettere alle persone che ti stanno intorno.
James Hillman parlava della Psicologia come di una vera e propria vocazione, ossia non si sceglie di fare lo Psicologo, ma si viene chiamati dalla Psicologia.
Da che cosa ti senti chiamato?
All’interno di questa cornice procedi con la classica analisi della domanda e dei bisogni.
Altri consigli:
- specializzati in un ambito, non disperdere le tue energie;
- come freelance sei un imprenditore di te stesso, per cui studia un po’ di elementi di business e di marketing;
- non avere paura di affidarti a degli esperti: come imprenditore dovrai imparare che spesso ciò che gli altri definiscono “spese” sono in realtà investimenti;
- fai networking;
- se hai un’idea da sviluppare, ascolta i feedback degli altri colleghi ma non farti influenzare da questi: rimani nell’etica e procedi con le tue gambe;
- guarda al passato con riverenza e rispetto, ma punta la tua attenzione sul futuro.
Soprattutto: ricordarti che in quanto Figlio prima o poi dovrai distaccarti dai tuoi Padri e procedere con le tue gambe… anche rischiando le ire e la disapprovazione di questi tuoi Genitori.
È un percorso che necessariamente comporta rinunce e sacrifici, partendo dai fini settimana e le vacanze saltate perché dovevi recuperare degli esami, alla difficoltà (e fatica) nel conciliare il lavoro con la scuola di specializzazione (molti colleghi in quei periodi passano ad un part time, oppure cambiano lavoro per avere una maggiore flessibilità negli orari).
I momenti difficili si superano se mantieni costantemente il focus sull’obiettivo finale e se ti stai occupando di un ambito che ti piace realmente.
Dopo il mio trasferimento a Milano ero riuscito a riempire un’intera giornata con i pazienti (negli altri giorni svolgevo progetti di altro tipo).
Poi anche a Milano arrivò lei: la famigerata Crisi…
Noi Psicoterapeuti operiamo con la gente comune, che per i loro problemi spesso hanno difficoltà finanziare.
Inoltre c’è ancora la percezione di una Psicologia che è figlia minore della Medicina, quindi importante e utile, ma non di prima necessità.
In quel periodo ebbi molti abbandoni, tanto che per un certo tempo il mantenimento dello studio mi comportava una perdita economica.
Fu proprio questo che mi diede la spinta ad uscire dall’ambito strettamente psicoterapeutico e a focalizzarmi su una strada più chiara e precisa.
Fu un periodo di profondi dolori e timori, ma anche di grandi riflessioni e introspezioni, su dove stavamo andando come Civiltà, sul reale ruolo del Digitale, su come si stava evolvendo la mia Professione.
Mi ha aiutato a comprendere meglio chi ero e che cosa stavo cercando dalla Psicologia.
Come per ogni professione strettamente collegata al mondo accademico la conoscenza dell’inglese è un obbligo, soprattutto se vuoi proiettarti verso il Futuro.
Se è vero che noi studiamo ancora su libri di cento anni fa, quindi ormai abbondantemente tradotti in Italiano, è anche vero che se vuoi rimanere aggiornato in tempo reale (ad esempio per mezzo di ricerche accademiche) devi imparare questa lingua.
Cosa che non è poi così difficile: non sto parlando di leggere Shakespeare, ma di comprendere il senso di una frase o un discorso. 😉
Io poi lavoro anche con Società estere, ma questo è un altro discorso.
Quando impari a vedere gli eventi della tua vita come opportunità di miglioramento è difficile parlare di “errori”.
Se proprio ne devo trovare uno, è stato quello di non avere definito una strategia ed una direzione sin dall’inizio.
Questo mi ha fatto perdere molto tempo e disperdere molte energie.
Si tratta di un successo continuo e si chiama Personal Branding*.
* vedi anche il mio articolo sul fare branding per un freelance. N.d.R.
Quando vai agli incontri di colleghi che non conosci e loro ti riconoscono dicendoti “Ma io ti ho già visto da qualche parte… tu sei quello di Facebook!“.
Oppure quando ti contattano per proporti dei progetti perché ti hanno trovato su Internet.
Avere abbracciato il Digitale sin dagli inizi, sia in Italiano che in Inglese.
Anche l’avere trascorso un anno come commerciale per un’Agenzia di assicurazioni, subito dopo la laurea.
Essendo totalmente libero nella gestione del mio tempo e del mio portafoglio clienti, ed essendo pagato esclusivamente a provvigioni, ho imparato sul campo cosa vuole realmente dire essere freelance.
Prima di tutto diventare freelance è un’attitudine mentale, un modo di concepire il mondo e se stessi.
E non è un obbligo: ci sono persone che realizzano grandi cose pur rimanendo dipendenti.
Diventare freelance è un’attitudine mentale:
un modo di concepire il mondo e se stessi.
Impara a distinguere la tua attitudine mentale dalle tue competenze.
La prima ce l’hai come carattere, le seconde si possono imparare.
Sei una persona che va in ansia se per un viaggio non ha già pronti tutti gli orari dei treni?
Sei a tempo determinato ma sai che le tue competenze sono così richieste che vieni automaticamente assunto al termine di ogni periodo, eppure ogni volta che si avvicina la fatidica data ti senti mancare il terreno sotto i piedi?
Quindi devi prima di tutto conoscere te stesso e che cosa vuoi realmente dalla vita.
Poi sfrondarti dei miti che circondano la vita da freelance e imparare come pensa un freelance.
Ad esempio uscire dal rapporto diretto ore lavorate —> somma guadagnata.
Essere consapevoli che probabilmente avrai meno tempo libero di un dipendente, ma che per te il tempo occupato a “lavorare” assumerà un altro significato.
Accettare che la tua vita personale e la tua vita professionale si sovrappongano, fosse anche solo leggermente: amici che diventano partner professionali, partner professionali che diventano amici, incontri di lavoro in birreria la sera, oppure la domenica con le rispettive famiglie che nel frattempo stanno giocando nel giardino di casa.
Soprattutto, se hai timori e paure, fai le cose gradualmente.
Sarà più faticoso, dormirai meno ore, ad un certo punto ti scoprirai a svolgere due lavori, a quel punto potrai mollare gli ormeggi.
In questo modo eviterai, in caso di difficoltà iniziali, il trauma che ti impedirà di andare avanti e perseguire il tuo obiettivo.
Parla con la tua famiglia di questo tuo sogno, perché dovrete essere preparati alle fatiche dei primi tempi e nei momenti bui.
Prima però dovrai avere maturato una decisione solida, perché forse sarai tu a dovere sostenere i tuoi famigliari nei momenti di difficoltà, non viceversa.
Inizia anche a pensare in modo differente al tuo tempo libero e a come lo trascorri: ogni minuto libero è un minuto di opportunità formativa, fosse anche solamente per leggere un post su un blog.
A tal proposito seleziona le fonti e preferisci quelle in grado di darti reali contenuti per la professione che svolgerai da freelance: molto probabilmente inizierai a frequentare meno guru e più veri professionisti. 🙂
Seleziona le fonti e preferisci quelle in grado di darti reali contenuti per la professione che svolgerai da freelance: molto probabilmente inizierai a frequentare meno guru e più veri professionisti. 🙂
Entra nel network della nuova professione, frequenta chi ce l’ha già fatta, impara da loro ma non limitarti ai contenuti tecnici: analizza anche come pensano e come ragionano.
Qual è la forma mentis di queste persone?
Nel frattempo sviluppa un pensiero tuo e verificalo, sperimentalo, perché il nostro Mondo ha bisogno di cervelli, non di automi.
In Italia stiamo vivendo un periodo di profonde rivoluzioni, sia politiche che economiche che sociali, e che stanno stravolgendo i parametri ai quali eravamo abituati per decenni.
Una di queste rivoluzioni è la scomparsa del posto fisso, anche in quei reparti in cui non sembrava possibile.
Altro elemento è la richiesta di una maggiore mobilità, anche geografica.
Questi elementi portano numerose ansie e minano la percezione di sicurezza, anche nelle persone che di fatto lavorano sempre, anche se ogni 3-4 mesi cambiano azienda.
A noi italiani la firma fa sentire sicuri.
Sta cambiando anche il concetto di istruzione: se prima per formarsi in un determinato ambito era necessario frequentare dei corsi a scuola, adesso abbiamo numerosi altri canali per formarci, alcuni anche gratuiti.
Tutti questi elementi convergono nella visione (illusione?) salvifica del lavoro freelance.
Queste persone vedono il freelance come un ambiente estremamente meritocratico, in cui non conta il titolo di studio ma ciò che sai fare realmente, in cui hai il totale controllo delle opportunità che possono (o non possono) accaderti.
Insomma non devi rendere conto a nessuno, perché tutto dipende da te.
In molti casi il lavoro freelance risponde ad un desiderio di rivalsa sociale.
Da giovane non hai avuto la possibilità di andare all’Università e adesso tutte le Società ti rifiutano per la mancanza di un titolo?
Nessun problema: da oggi ciò che conta è come sai muoverti.
Parlo di “illusione” perché nella realtà non puoi prescindere dal sostrato culturale in cui vivi.
Se ad esempio vivi in una società ad alto tasso di clientelismo e nepotismo, anche da freelance dovrai ungere, conoscere, ottenere raccomandazioni.
Se nella società in cui vivi manca il lavoro, ricordati che tu come freelance sei soggetto alla disponibilità economica delle persone che ti circondano, per cui se non hanno soldi da spendere (oppure non vogliono spenderne per tenersi una sicurezza economica)… allora forse non ne avranno da spendere neanche per te.
Ecco perché sostengo sempre che diventare freelance per sfuggire alla mancanza di lavoro è un errore: diventi freelance perché ti senti vicino a quello stile di vita, o perché hai un progetto per il quale vuoi avere la massima libertà di azione, e così via.
In realtà io mi sono formato sul campo, come già accennato sopra, e poi ho approfondito le singole tecniche affiancando la teoria alla pratica.
In linea di massima, siate curiosi, e leggete o seguite video, podcast ed altro anche di ambiti non legati alla vostra professione.
Perché non potete mai sapere da dove arriverà la prossima ispirazione.
E non limitatevi alla formazione tecnica, ma affidatevi anche ad una meta-formazione.
Riflettete sulla vostra professione, anche in termini più filosofici.
Ovvero “secondo te ci sono delle dinamiche nella società che indicano dei trend piuttosto precisi sul come si evolverà?”
Se me lo avessi chiesto due anni fa ti avrei risposto in termini assolutamente positivi.
Oggi invece sono preoccupato.
Il mondo, dopo avere conosciuto 30 anni di estrema apertura, pare si stia richiudendo.
I nazionalismi stanno crescendo, così come la paura di muoversi e viaggiare.
Siamo di fronte a due forze uguali e contrarie: da una parte una forza che vuole farci ritornare ai feudi del Medioevo, dall’altra una contro-forza che mira all’apertura.
Al di là di questo, siamo in un periodo veramente eccitante: le tecnologie emergenti ci doneranno veramente una nuova società.
Gli effetti sono già sotto i nostri occhi, anche se ci spaventano perché non li comprendiamo e stiamo vivendo nel burrascoso periodo del passaggio.
In linea di massima il web ha fatto sì che scomparissero gli intermediari (librerie, edicole, ferramenta, i servizi di sviluppo delle fotografie, ecc…).
Inoltre stanno scomparendo i mediocri: l’abbattimento delle distanze fa sì che io possa scegliere il professionista migliore anche se questo abita dall’altra parte del mondo.
Stanno scomparendo i mediocri: l’abbattimento delle distanze fa sì che io possa scegliere il professionista migliore anche se questo abita dall’altra parte del mondo.
Stiamo costruendo una società che premierà i migliori.
E la cosa bella è che siamo tutti i migliori, in un campo e nell’altro, solo che forse non lo sappiamo ancora.
Stiamo costruendo una società che premierà i migliori.
E la cosa bella è che siamo tutti i migliori, in un campo e nell’altro, solo che forse non lo sappiamo ancora. 😉
Potremo veramente vivere di ciò che ci piace fare di più.
L’automazione e la digitalizzazione sta facendo sì che il denaro abbia sempre meno importanza, e ci stanno sgravando dai lavori più “low level”: una volta che non dovremo più spendere il nostro tempo per fare gli acquisti, produrre il materiale, fornire i servizi, guidare, allora potremo dedicarci maggiormente all’aspetto innovativo ed evoluzionistico dei nostri progetti.
E quando le Intelligenze Artificiali sapranno produrre autonomamente conoscenza e la renderanno disponibile a chiunque, a noi non rimarrà che giocare a trovare nuovi modi per utilizzarla. 🙂
“Grazie Ivan per questa bella ed illuminante chiacchierata…
Un ultimo messaggio all’umanità?” 🙂
Non credeteci: qualunque cosa vi dicano sul Mondo e sulla Realtà in cui vivete, formatevi un vostro pensiero proprio.
- Abbiate il coraggio di informarvi presso tutti i fronti di un’idea,
- abbiate il coraggio di essere irriverenti se occorre,
- osate essere i primi a gridare che “il Re è nudo”.
Come ho già detto, il Nuovo Mondo che ci stiamo accingendo a vivere esclude i mediocri: abbiate il coraggio di essere ciò che siete, non ciò che dovreste essere secondo qualcun altro, men che meno se questo qualcun altro è il guru di turno.
Abbiate il coraggio di essere ciò che siete,
non ciò che dovreste essere secondo qualcun altro,
men che meno se questo qualcun altro è il guru di turno
E parafrasando un ottimo libro: ad un certo punto non abbiate paura di uccidere il Buddha, quando lo incontrerete per strada.
Siate curiosi, e abbiate sempre voglia di conoscere il perché delle cose.
È questo che dobbiamo trasmettere alle nuove generazioni: il senso di potercela fare, anche quando non abbiamo la minima idea di cosa stiamo inventando.
Perché credetemi: quella che stiamo vivendo ai nostri giorni non è la più difficile sfida che l’Uomo abbia mai incontrato.
Ne abbiamo incontrate molte nel corso della nostra Storia, ma ci siamo evoluti, ci siamo adattati all’Ambiente e in seguito abbiamo imparato ad adattare l’Ambiente a noi: le abbiamo sempre superate, e siamo ancora qui.
Quindi ce la faremo anche questa volta.
E se avete timori sul ruolo della Tecnologia sui vostri figli potete venirmi a trovare sul mio portale www.bullismoonline.it o sulla rispettiva pagina Facebook Bullismo Online Cyberbullismo Adolescenti e Nuove Tecnologie, oppure potete contattarmi direttamente a bullismoonline@gmail.com e sarò felice di rispondervi personalmente.