Come si diventa Growth Hacker, consulente, formatore, imprenditore multipotenziale? Ne parliamo con Raffaele Gaito.
“Segui sempre le tue passioni. Non ti chiedere se sono realistiche o no.” Deepak Chopra.
Chi sei?
Raffaele Gaito, Salernitano, classe 84.
Ho una laurea in informatica, ma ho sempre avuto un forte spirito imprenditoriale. Negli anni quindi mi sono sempre più avvicinato ai temi del business e del marketing.
- A 15 anni ho scritto la mia prima riga di codice,
- a 17 ho aperto il mio primo blog
- e a 20 lanciato la mia prima azienda.
Ho mille passioni e odio dovermi definire in una categoria specifica. Le persone così oggi le chiamano multipotenziale e quella è una definizione che adoro. 😉
Dalla domanda precedente si dovrebbe intuire che la risposta è: tante cose!
Sono prima di tutto un imprenditore, ho iniziato fin da giovanissimo e lo sono tutt’oggi. Ho fatto impresa in settori molto diversi tra di loro, dai software gestionali, alle app iOS passando per l’enterteinment, il gaming, e tanto altro.
In questo momento sono particolarmente attento al mondo della formazione e in particolare all’e-learning e l’edTech.
Ma questo è solo un pezzettino del puzzle, perché contemporaneamente faccio tanta consulenza e, soprattutto, formazione per aziende, startup, professionisti, università, ecc.
Tratto tematiche di marketing e di prodotto che nel 99% dei casi vanno di pari passo.
Ecco perché sono un grande fan del filone chiamato Growth Hacking.
Come se non bastasse sulle stesse tematiche faccio anche molta attività di informazione ed evangelizzazione: scrivo tantissimo sul mio blog, faccio video, webinar e chi più ne ha più ne metta!
Ti confesso che questa è una domanda che mi viene fatta di continuo negli ultimi tempi, perché sempre più persone sono interessate al tema e a farne un lavoro.
Fino a qualche anno fa non c’era scelta, bisognava studiare dal materiale che arrivava dagli Stati Uniti in lingua inglese e poi sporcarsi le mani personalmente nei propri progetti. Alla fine è così che ho iniziato io e tutti quelli che in Italia si son mossi per primi su questo tema.
Oggi la situazione è decisamente migliorata: esistono molti contenuti online di buona qualità, esistono libri in lingua italiana dedicati al tema, tanti corsi in aula o online (di cui uno, tra l’altro realizzato da me) e così via.
Proprio per questo motivo ho dedicato un capitolo intero del mio libro a questa tematica cercando di rispondere sia sugli aspetti più teorici (come impostare il percorso di studio) che sugli aspetti pratici (dove attingere per migliorare le proprie competenze).
Beh alla fine si tratta di un continuo mix di teoria e pratica, inevitabilmente le due cose non possono essere separate.
Purtroppo, e sottolineo purtroppo, viviamo in un’epoca nella quale osanniamo l’operatività dimenticandoci della strategia.
Nel boom di professionisti self made, che hanno imparato sul campo sporcandosi le mani, avere delle buoni base teoriche fa tutta la differenza del mondo.
Nel boom di professionisti self made, che hanno imparato sul campo sporcandosi le mani, avere delle buoni base teoriche fa tutta la differenza del mondo.
Iniziare è più semplice di quello che potrebbe sembrare.
Per la parte teorica basta procurarsi un bel po’ di libri sull’argomento (ormai ne esistono anche in italiano) e affiancare uno o due corsi online di buona qualità. Per i più esigenti esistono anche corsi d’aula!
Sulla parte pratica, il modo migliore di iniziare è quello di lavorare su un progetto reale… magari chiedendo ad un amico di farci smanettare un po’ con il suo progetto/la sua startup per mettere in pratica le cose man mano che le studiamo.
E se non hai un amico che sta lavorando su un progetto allora lancia qualcosa di tuo.
Non deve essere per forza la startup che ti farà diventare milionario, basta anche un blog su un argomento che ci piace, ma è importante avere qualcosa di reale su cui sperimentare tutti i giorni!
Come dicevo sopra, è 50 e 50.
Sul serio, non c’è una cosa migliore dell’altra.
Gli accademici propenderebbero per la teoria, mentre i “self made” propenderebbero per la pratica, ma la verità è che non fai mai il salto di qualità se non curi entrambi gli aspetti!
Fondamentalmente lavoro di content marketing, un parolone che andava di moda qualche anni fa e che oggi è caduto un po’ nel dimenticatoio, ma che rimane una delle migliori strategia in circolazione.
In parole povere cosa significa? Non cerco i miei clienti ma sono loro a cercare me. Come lo faccio? Condividendo contenuti di valore e utili per il mio target potenziale.
Sui miei canali online (Facebook, Linkedin, Blog, Twitter, ecc) condivido ogni giorno cose che possono risultare utili per chi mi legge: strumenti dedicati al marketing, libri per chi fa business, risorse gratuite in rete e tanti contenuti originali realizzati direttamente da me (blog post e video in primis).
Detto questo, i miei canali di acquisizione principali sono sicuramente LinkedIn e il mio blog!
La risposta è al 50% quello che ho detto sopra e al 50% il passaparola.
Frequento il mondo del digitale (e quello delle startup, in particolare) da anni e in fin dei conti siamo quattro gatti e ci conosciamo un po’ tutti.
Quando sai creare relazioni di valore (che vadano oltre il semplice like su Facebook) il resto arriva di conseguenza!
Quando sai creare relazioni di valore (che vadano oltre il semplice like su Facebook) il resto arriva di conseguenza!
Si tratta di caro e vecchio content marketing: creo (o curo) contenuti utili e di qualità per la mia audience, per le persone che mi seguono e mi leggono.
Ogni giorno mi impegno, da anni, a postare tool, libri, trucchi, articoli, video e tanto altro materiale che riguarda il mondo del business e del marketing online.
Non ho mai cercato un cliente in vita mia, sono loro a proporsi a me proprio perché mi conoscono attraverso LinkedIn (o gli altri social).
Si tratta di creare relazioni e di ispirare fiducia… due cose che molte aziende oggi hanno dimenticato.
Assolutamente si! Lo faccio di continuo e il 2017 è l’anno dove ho abbracciato in pieno la visione di “lavorare di meno, ma lavorare meglio” e nel 2018 spingerò questo concetto ancora più all’estremo.
Saper dire di no è una delle cose migliori che si possa fare sul lavoro, indipendentemente dal tipo di lavoro che si svolge.
Io lo faccio senza troppi giri di parole: se dopo la call conoscitiva o la fase di analisi preliminare non sono convinto semplicemente gli dico che non voglio averlo come cliente e gli suggerisco di cercare altrove. Tutto qua. Se fatto con onestà e con educazione non c’è niente di male. Con molte di queste persone resto in contatto dopo il no e quando posso gli do comunque qualche dritta per il loro lavoro.
Attenzione però, perché allo stesso modo io chiedo a loro di essere onesti al 100% con me e di interrompere la collaborazione in qualsiasi momento, appena sentono che non gli sto dando il valore che si aspettavano.
Ovviamente si! Lo faccio tutti i giorni e, dato il mio lavoro, sarebbe strano il contrario!
Ho un budget dedicato alla promozione dei miei contenuti proprio per aumentarne la reach e far si che raggiungano più persone possibili.
Anzi, ti dico in tutta sincerità che mi sorprendo quando vedo altri addetti ai lavori che non lo fanno o addirittura si scandalizzano alla visione di un post sponsorizzato…
Fondamentale!
Non conoscere l’inglese oggi, nel 2018, è gravissimo, e lo è ancora di più per i giovani.
Sembra una cosa quasi scontata, ma ancora oggi mi scrivono in tanti per chiedermi se il libro che ho segnalato è stato tradotto in Italiano o cose di questo tipo.
Non sto dicendo, ovviamente, che bisogna parlare inglese in maniera perfetta, ma al punto giusto da riuscire a guardarsi un video e capirne il senso, leggere un libro appena uscito senza dover aspettare un anno per la traduzione o andare ad una conferenza all’estero e godersi dei top speaker.
Successo è una parola che frega molti e infatti su questo tema ho scritto spesso ultimamente sul mio blog.
Purtroppo il digitale ha dato l’impressione che si può avere tutto e subito, senza sforzi, senza perdere tempo.
A questo aggiungi il fatto che i giovani hanno dei punti di riferimento completamente falsati: aprono il loro instagram e vedono finti ricchi che ostentano cose non loro (case, barche e auto fittate, abiti prestati dai brand, ecc) per racimolare qualche like in più. Capisci come quindi si è creato un cocktail esplosivo che sputtana completamente i punti di riferimento in termini di tempo, di valori e di priorità.
Successo significa che una cosa è avvenuta. Che ce l’ho fatta a completarla, a portarla a termine. Tutto qua.
Ecco perché preferisco parlare di obiettivi, di risultati e non tanto di successo. Altrimenti rischiamo di mettere troppo l’accento sulla conclusione e poco sul processo. In realtà poi il processo è il 90% del successo, solo che ce lo dimentichiamo.
Ne avrei decine, anzi… centinaia!
Provo a dare qualche consiglio “misto” in modo da spaziare il più possibile:
- The art of the start di Guy Kawasaki è una delle più belle letture che ho fatto sull’avvio di un’azienda;
- The hard thing about hard things di Ben Horowitz è uno dei pochi libri che parla delle difficoltà di fare impresa;
- Rework di Jason Fried è un libro che mi ha cambiato il modo di vedere il mondo del lavoro;
- Trust me, I’m lying di Ryan Holiday invece ha cambiato il mio modo di fare e vedere le PR;
- Poi chiudo con L’arte della guerra di Sun Tzu che andrebbe letto da tutti. È un libro di business, di lavoro, di vita, di tutto…
È importantissimo, c’è poco da fare!
In un mercato saturo e pieno di fuffa come quello di oggi è importantissimo differenziarsi, sotto tutti i punti di vista.
Trovare una nicchia (o crearla, a seconda dei punti di vista) diventa quindi uno step necessario per emergere e, spesso, per sopravvivere.
Anzi, a tal proposito consiglio un altro classico, non si sa mai che qualcuno non l’abbia letto ancora:
In tutta sincerità?
Non vedo l’ora che finisca l’hype intorno al Growth Hacking.
Non vedo l’ora che i pseudo-esperti dell’ultima ora passino a un altro trend.
Anzi, non vedo l’ora che smettiamo di chiamarlo Growth Hacking per capire che si tratta semplicemente di marketing fatto bene, di business fatto bene.
Non vedo l’ora che smettiamo di chiamarlo Growth Hacking per capire che si tratta semplicemente di marketing fatto bene.
Un po’ come sta succedendo negli USA negli ultimi 2-3 anni…
Grazie per questa bella e utile chiacchierata!
Un ultimo messaggio all’umanità? 🙂
Ponetevi le giuste domande, la differenza è tutta lì!