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Diventare Storyteller. Intervista a Cristiano Carriero

Come si diventa storyteller? Anzi: come si diventa “Lo Storyteller“? Ne parliamo con Cristiano Carriero.

Ciao Cristiano
“Dopo cibo, casa e compagnia, le storie sono ciò di cui abbiamo più bisogno al mondo” – Philip Pullman
Chi sei?

Cristiano Carriero, payoff “Lo Storyteller”.

Non è un soprannome che mi sono scelto, me l’hanno dato, mi è piaciuto e soprattutto mi ha posizionato.

Per cui l’ho accettato di buon grado facendone un cavallo di battaglia (sul mio sito cristianocarriero.me è ben visibile).

Vengo da Bari, dove sono nato e cresciuto fino all’università. Poi ho iniziato a girare in lungo e in largo per l’Italia, oggi vivo nelle Marche da 10 anni.

Ho studiato lettere e ne sono orgoglioso.

Sono un umanista convinto, e credo che questa sia anche la mia grande forza in ambito digital.

Le letture, i riferimenti culturali, i libri scritti, mi hanno permesso di diventare un punto di riferimento in ambito storytelling in Italia.

Comunico attraverso le storie per diverse aziende: su tutte Granoro, Clabo, le agenzie Doing e Martin Brando.

Ho fondato insieme ad altri tre soci La Content Academy, sono al sesto libro con Hoepli e nel tempo libero scrivo per diversi blog e giornali.

Credo sia tutto.

Cosa fai come freelance?

Sono freelance da due anni, è una scelta che ho fatto perché non ero contento di delegare alla voce “hobby” la maggior parte delle mie passioni (scrittura, blog, libri, formazione).

Non ero contento di delegare alla voce “hobby” le mie passioni.

Dovevo fare una scelta coraggiosa per correttezza nei confronti miei e dei miei datori di lavori.

Così l’ho fatto.

All’inizio è stato complicato perché ragionavo da dipendente, lavorando ad orari stabiliti e con una organizzazione vaga della mia giornata.

Poi man mano ho preso possesso del mio calendario, della mia agenda, delle mie priorità.

Mi sono praticamente inventato il “mobile working” essendo spesso costretto a lavorare dal treno, o da postazioni diverse durante la settimane.

Alla fine ci ho scritto un libro (Mobile Working) uscito per Hoepli proprio qualche mese fa, dove racconto come organizzare al meglio la propria vita da freelance, anche quando questa non è la soluzione definitiva.

Sono convinto infatti che questo tipo di mindset si rivelerà utilissimo anche se un giorno dovessi decidere di tornare a fare il dipendente.

Non si dice “fare il freelance” ma “essere freelance”.

Come dice Osvaldo Danzi, autore della prefazione del mio libro, non si dice “fare il freelance” ma “essere freelance”, e ne sono convinto anche io.

Quindi sei esperto di “organizzazione di se stessi e del proprio tempo”. È collegato al concetto di emanciparsi dal “ragionamento da dipendente”? Come si inizia a “ragionare da freelance” invece?

Non mi piace l’etichetta di esperto.

Diciamo che lavoro per essere più organizzato io, e di conseguenza ne faccio una materia di approfondimento.

Sono più un “cultore della materia” (accademicamente si dice così) che un esperto.

Per quanto riguarda l’essere dipendenti: non c’è nulla da cui emanciparsi.

Io consiglierei a tutti di provare entrambe le cose. Aiutano.

Sono stato dipendente ed ho imparato cose che da freelance non si imparano.

Viceversa, dopo due anni da freelance, con buoni risultati, impari a correre per guadagnare, cosa che in azienda non esiste.

In azienda puoi permetterti anche di rallentare i tempi, di fare melina in gergo calcistico.

Da freelance no.

Partirei da qui.

Come si diventa storyteller?

Con la passione.

Si approfondisce un tema per passione, o per amore.

A me piace scrivere, da copywriter classico mi sentivo ingabbiato in frasi troppo corte, in una ironia che purtroppo non ho.

Da storyteller mi sento più a mio agio.

Come sei diventato “Lo Storyteller”?

Merito di Carlotta Silvestrini, che mi ha consigliato un posizionamento diverso e mi ha aggiunto l’articolo davanti.

Io ho fatto il resto per non deludere una aspettativa così alta.

Se metti l’articolo davanti poi devi lavorare il doppio.

Qual è stato il tuo percorso? Come ti sei formato? C’è un percorso “canonico” o come capita spesso c’è più una moltitudine di percorsi possibili?

Il mio percorso è ancora in essere.

Collaboro con aziende a agenzie per imparare sempre di più, per conoscere processi, e ovviamente per dare il mio contributo.

Non c’è un percorso canonico, bisogna partire e saper accettare i momenti difficili.

E studiare. Tanto.

Come trovi attualmente i tuoi clienti? Da quali fonti arrivano? Siti web, Social, Eventi…

Per lo più dai social.

O dal passaparola per altri lavori fatti, quindi consigli.

Agli eventi difficilmente trovo clienti, preferisco concentrarmi su quello che ho da dire.

Così come quando scrivo sul blog non penso a trovare i clienti, ma a scrivere qualcosa di bello e utile.

Credo sia questo il segreto di tutti.

Lavorare bene e con dedizione.

Il resto arriva, senza troppi imbuti e funnel.

Se poi sono giornate di formazione lunghe (da due tre moduli) allora un cliente viene sempre fuori.

Come hai trovato all’inizio i primi più preziosi clienti?

Sai che non ricordo?

Dal momento in cui ho lasciato il lavoro mi sono ritrovato subito con un paio di clienti e sono partito da lì, ora personalmente sono in una fase in cui fino a dicembre sono a posto, aggiungere altro avrebbe poco senso.

Cosa apprezzano i tuoi clienti di te?

Penso l’onestà, la trasparenza, la reattività.

E quanto alle skill la capacità di rendere ogni fatto una storia, insieme a quella di avere un network molto importante.

Ti è mai capitato di trovare un cliente in maniera originale o inusuale… o facendo “altro”?

Spessissimo.

Sono i miei preferiti.

Una volta ho conosciuto un cliente dopo una partita che avevo arbitrato.

Lui per insultarmi mi fa “Dovreste fare più corsi di formazione voi arbitri!”

Io gli rispondo: “Li faccio di mestiere”.

Di lì gli ho spiegato il mio lavoro, poi è nata una bella collaborazione.

Ti è mai capitato di dire di no a un cliente? Come si dice di no a un cliente?

Capita, ma più per mancanza di tempo, o perché magari non ho conoscenze specifiche di un determinato settore.

O perché si aspetta di spendere meno.

Cerco sempre di non dare no secchi, se un cliente ha poco budget magari lo indirizzo verso un ragazzo che ha studiato con me ed ha bisogno di fare esperienza.

Con grande trasparenza. Così sono contenti tutti.

Come si trovano (o come si scelgono) i clienti giusti?

Lavorando bene.

Così arrivano i clienti importanti che spesso sono quelli preparati, educati e buoni pagatori.

E per importanti non voglio dire necessariamente grossi, ma quelli che hanno capito che siamo nel 2017, e non negli anni ’80.

Se ti capita di utilizzare l’inglese (o un’altra lingua straniera)… Quanto definiresti importante la conoscenza dell’inglese (o di un’altra lingua straniera)?

Molti progetti che faccio sono in inglese.

Lo parlo meglio di quanto scrivo, vorrei tanto migliorarmi, ma non posso lamentarmi.

Conosco anche lo spagnolo, perché ho fatto l’Erasmus a Santiago e mi appassiona la Liga (il campionato spagnolo), per cui leggo giornali in lingua.

Non sarò io a dirti che oggi, con il web conoscere le lingue vuol dire avere accesso a un’infinità di fonti e di informazioni e poter collaborare con tutto il mondo.

Su questo devo lavorare molto.

Per migliorarmi.

Hai dovuto prendere decisioni che per qualcuno sarebbero state coraggiose o incoscienti?

Mi sono licenziato due volte.

La seconda senza la sicurezza di avere un nuovo lavoro.

Ho aperto una piccola società un anno fa.

Non so se sono coraggioso o incosciente, di certo la vita mi ha portato a non considerare troppo traumatici eventi come questo.

C’è stato per te un passaggio psicologico per arrivare alla decisione di dare le dimissioni? Ci sono un sacco di persone terrorizzate dall’idea di mollare il proprio posto “sicuro” e quindi mi chiedo se condividere le nostre esperienze non possa aiutare chi voglia fare questo passo ma ancora non se la sente…

Non stavo bene dove lavoravo.

Non mi svegliavo felice il lunedì.

Guardavo spesso l’orologio ed ero costretto a rimandare altre cose che mi facevano “battere il cuore”.

Se non sono segnali questi.

Hai vissuto momenti difficili nel tuo processo di diventare freelance, oppure momenti di scoraggiamento soprattutto agli inizi?

Arrivano sempre quando ci sono da pagare le tasse.

O quando gli altri vanno in ferie e possono staccare del tutto.

È una scelta ben precisa: devi diventare un ottimo amministratore, un gestore del tempo, una persona paziente ed equilibrata.

Come si superano i momenti difficili?

Lavorando.

Facendo delle scelte come rinunciare a qualcosa.

Niente motivatori.

Qualcuno sogna di lavorare da freelance anche per godersi la vita. Qualche consiglio per raggiungere un eccellente work-life balance?

Se questo è il presupposto non fate i freelance.

Il consiglio che posso dare è scegliere le priorità, decidere quanto si vuole lavorare e sopratutto quanto si vuole guadagnare.

Il tuo più grande errore con un cliente?

Commetto un errore ogni qual volta un progetto non mi convince e non dico subito di no.

Il tuo più grande successo con un cliente?

Ritengo un successo la fiducia.

Raggiungere quello step, in cui se tu dici qualcosa il cliente si fida, è il più grande successo possibile.

Nessuno ti regala nulla però, non c’è posizionamento che tenga.

Per acquisire credibilità bisogna fare bene.

La scelta più azzeccata che hai fatto nella tua vita professionale?

Licenziarmi.

Tutte le volte che l’ho fatto.

Cos’è il successo per te?

Tornare a casa e poter dire: “Anche oggi ho dato tutto”.

Un consiglio “forte” per chi vuole diventare freelance…

Leggere la prefazione del mio libro “mobile working” fatta da Osvaldo Danzi.

Che percorso consiglieresti ad un aspirante storyteller?

Scrivere qualcosa e farselo valutare da più esperti.

Con sincerità.

Leggere tanto, scrivere.

Soffermarsi sulla progettazione, sui valori delle aziende, andare alla ricerca della narrativa in ogni storia.

Se qualcuno ti chiedesse un consiglio per fare un piano sul come iniziare… cosa gli diresti?

Specializzati, e scegli un campo dove diventare autorevole ed esperto.

Cosa consiglieresti a chi ti chiede un libro, un corso… un primo passo per imparare a fare quello che fai tu?

Io cerco di essere sempre molto disponibile, ma capisco subito chi ha talento, o chi sta solo cercando una via di fuga, pensando che lo storytelling sia “scrittura creativa”, fare il freelance “postare le foto dalla spiaggia” e “lavorare sui social” “stare su Facebook”.

Per queste persone non c’è grande futuro.

Bisogna entrare nell’ottica della fatica.

Del lavoro e del sacrificio.

Che importanza dai al concetto di trovare una nicchia?

Già detto.

Come vedi il futuro del tuo settore? Ci sono prospettive?

Prospettive tante.

Non è una bolla, le aziende hanno molti più strumenti per comunicare.

Devono utilizzarli, devono rivedere i budget.

Ma vogliono professionisti preparati, non improvvisatori.

Bene Cristiano!
Grazie per questa brillante chiacchierata!
Un ultimo messaggio all’umanità? 🙂

Non riesco ad immaginare soddisfazioni e successo senza sacrificio.

Bisogna sbattersi, e tanto, per fare questo lavoro.

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