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Diventare Web Designer e Web Developer Freelance a 47 anni. Simona Tocci

Come diventare Web Designer e Web Developer Freelance a 47 anni e ribadire con forza il concetto “non è mai troppo tardi”. Ne parliamo con Simona Tocci.

Ciao Simona
“Non è mai troppo tardi per essere quello che avresti potuto essere” (George Eliot)
Chi sei?

Ciao, sono Simona Tocci, ho 50 anni, sono di Roma ma vivo ormai da molti anni alle porte di Firenze.

Mi occupo di web designer e web developer ormai da tanti anni.

Da circa tre anni ho cominciato la mia avventura come freelance, dopo anni di contratti precari e progetti temporanei, lavorando nel campo del multimediale e dello sviluppo web.

Il mio ultimo lavoro è un co.co.co con l’Università di Firenze.
Principalmente mi occupavo di piattaforme per formazione a distanza.

Poi la solita storia: finiti i fondi, finito il contratto.

Oggi posso dire che è stata una fortuna perché ha fatto scattare la molla che aspettavo da sempre: vivere la mia vera dimensione di ricerca di autonomia nel lavoro, facendo davvero quello che amo e che mi appassiona.

Finché rimani nella zona di comfort,
non puoi conoscere fino in fondo tutte le tue capacità.

Finché sei in una zona di comfort, non puoi conoscere fino in fondo tutte le tue capacità, né esprimere pienamente passione, creatività, originale inventiva e capacità di immaginare scenari futuri nuovi.

Che fai? Di cosa ti occupi di preciso?

Mi occupo di sviluppo di siti web di varia natura: dal blog personale all’ecommerce.

Curo la grafica del progetto alla ricerca dell’ideale equilibrio fra estetica e tecnica.

Sviluppo applicazioni per il web o per dispositivi mobili.

Offro consulenze per l’avvio o il restyling di un sito o per la brandizzazione di un progetto.

Mi occupo poi di formazione tecnica con la pubblicazione di corsi on line sul design e sullo sviluppo web che vendo su marketplace come Udemy o Life Learning o sulla mia piattaforma.

Curo un canale YouTube dove pubblico tutorial e mini corsi gratuiti.

La particolarità del mio lavoro è che prendo in carico un progetto e lo seguo nella crescita.

Nella maggior parte dei casi, non consegno un lavoro e poi mi congedo ma offro assistenza, seguo il processo di promozione, studio e applico tecniche di promozione sui social.

Insomma, mi metto fin da subito in ascolto dell’esigenza specifica, del concept di fondo e trovare la via più adatta per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Il mio naturalmente è un lavoro molto tecnico ma io ho nel DNA il gene del tutoraggio, della consulente, della formatrice e questo mi aiuta a creare rapporti professionali umanamente collaborativi e amichevoli.

Sei diventata freelance a 47 anni. La cosa mi permette di dire – e lo dico sempre con una certa soddisfazione – “non è mai troppo tardi”. E anche se le condizioni esterne ti hanno un po’ costretto a diventarlo, sono convinto che hai dovuto superare convinzioni che altri spesso scelgono di non affrontare. È così?

Certo, è così!

Confesso: ho una buona inclinazione al pensiero divergente e non convenzionale.

Ho immediatamente abbattuto il pregiudizio sociale legato all’età anagrafica e semplicemente messo in moto quello che avevo dentro come potenzialità ancora inespressa.

In realtà, quando mi sono trovata, a causa delle circostanze, a dover ricominciare, ho colto la palla al balzo per aprire il cassetto dei miei sogni e cominciare a realizzare quello che volevo da tempo.

Mi sono sempre tenuta informata e aggiornata sulle strategie per avviare un’attività autonoma, anche quando avevo un lavoro per quanto precario.

Quindi, al momento di decidere su cosa fare della mia vita, tutto è stato più facile.

“Essere Freelance” è soprattutto una mentalità.

“Essere Freelance” è soprattutto una mentalità, uno stile di vita che si sente naturale e congeniale.

Non ci può forzare ad esserlo neanche spinti dalla necessità, poiché non si resisterebbe.

Ci sono state delle scelte che hai dovuto fare? Delle rinunce? Dei sacrifici?

Sacrifici sicuramente soprattutto riguardo al tempo da dedicare al lavoro.

Per avviare da zero un’attività autonoma non puoi avere orari e non ci sono feste e vacanze.

Naturalmente lavori su progetti tuoi, in un’attività che ti appassiona, ma ciò non toglie che i primi tempi, giorno e notte, li passi incollata alla sedia davanti al computer (il mio strumento di lavoro nel mio caso) o a progettare o a conoscere e sperimentare nuove strategie.

I primi tempi sono di semina e devi avere pazienza che la pianta metta radici.

È come un neonato che richiede tutte le attenzioni.

Il lavoro così, almeno, per i primi periodi diventa l’unico pensiero anche perché ora tutto dipende da te.

Più libertà e più responsabilità.

Da quali fonti arrivano i tuoi clienti?

Passaparola di amici in primis.

Gli amici sono quelli che ti conoscono e testimonial naturali.

Poi man mano ho attivato i miei canali e oggi la fonte di traffico dei miei contatti è dal canale YouTube e molto dai corsi tecnici che ho pubblicato nell’ultimo anno.

Ho notato che non devi risparmiarti nella disponibilità – anche gratuita – nella consulenza e nel tutoraggio.

Contribuisce a costruire un’immagine di affidabilità e fiducia essenziali nel mondo professionale.

Inoltre, molti ti contattano anche per conoscerti meglio, non sono clienti immediati ma devi curare anche questi rapporti in vista di collaborazioni future.

Curare le relazioni è uno degli aspetti fondamentali.

Come hai trovato i primi clienti? Quelli più preziosi, quelli che determinano un po’ il successo dell’impresa di diventare freelance…

I primi clienti sono state persone che già mi conoscevano e che mi hanno affidato i loro progetti.

In generale i clienti preziosi sono quelli con i quali puoi continuare a lavorare perché puoi prendere in carico il lavoro anche per le fasi future di crescita e promozione.

In questo caso, il lavoro prende la piega di una collaborazione a lungo termine più che di una commissione a se stante.

Queste situazioni oltre a costituire una sorta di zoccolo duro dell’attività, sono autentiche palestre di pratica ed esperienza e quindi di forte crescita personale.

Mi piace molto la strategia del canale YouTube e della realizzazioni di corsi per promuoversi. Ne parliamo? 🙂

Diciamo subito che pubblico corsi non al solo scopo di farmi conoscere ma perché amo insegnare, trasmettere conoscenza e condividere esperienza.

È chiaro che ho intuito immediatamente l’impatto promozionale che un prodotto del genere può avere.

Anche e soprattutto per quello che riguarda il canale YouTube dove offro tutorial tecnico-professionali di buona qualità gratuiti.

E parlo di corsi interi, non di semplici e singoli video!

In più, ed questa è la carta vincente, anche su questi prodotti gratuiti offro tutoraggio.

Attualmente, sto provando l’impatto dei video pubblicati su Facebook ma l’ambiente mi pare dispersivo soprattutto se si tratta di corsi più elaborati.

Il canale di elezione mi pare proprio che sia e rimanga YouTube.

Oltre YouTube dove pubblichi i tuoi corsi? Cosa funziona e cosa no?

Esistono molti marketplace che permettono la pubblicazione dei propri corsi a fronte di una commissione sugli acquisti.

Questa è la soluzione più semplice poiché si gode del circuito promozionale del circuito.

Ho pubblicato il mio primo corso su un portale internazionale (Udemy) giusto un anno fa, nel giugno del 2016, e ora ho all’attivo 6 corsi completi più quelli gratuiti e che costantemente arricchisco.

Nei corsi – nel mio caso video corsi – funziona l’aspetto pratico.

Il corso deve essere pratico, immediatamente spendibile con l’apprendimento di tecniche che sono subito applicabili e replicabili in ambito lavorativo.

Ogni mio studente alla fine di un video ha acquisito almeno una nuova competenza.

Cosa consiglieresti ad un collega (o altro freelance) che ti chiedesse una “ricetta” per iniziare ad utilizzare questa strategia?

Ok, quante pagine ho a disposizione per rispondere a questa domanda?

A parte le battute, direi che prima di tutto deve sondare bene le sue motivazioni e attrezzarsi psicologicamente ad un enorme carico di lavoro.

È molto impegnativo creare corsi validi, di spessore, veramente utili e completi.

D’altra parte solo questi requisiti decretano il successo del proprio lavoro.

Per me è una grande e gioiosa fatica perché amo insegnare.

Poi bisogna attrezzarsi tecnologicamente:

  • software per screencast,
  • competenza almeno di base nel videoediting,
  • buona attrezzatura hardware…

E poi un buon progetto editoriale, ben organizzato e strutturato.

Come consiglio per chi voglia tentare l’avventura: iniziare da semplici tutorial da condividere su un proprio canale YouTube o in Facebook, chiedere supporto a chi già ha esperienza.

Ti è mai capitato di dire di no a un cliente? Come si dice di no a un cliente?

Sì, ci sono situazioni del tutto inaccettabili.

Provengono nel mio campo dalla falsa idea ancora circolante che chi lavora sul web lo faccia più o meno per hobby e come divertimento passeggero.

Non avendo alcun tipo di cognizione del lavoro che richiede un progetto web, rimangono stupiti anche di compensi a dir poco al ribasso. Questo detto in generale.

A me personalmente è capitata una richiesta di un progetto web di notevole portata che si pensava di compensare interamente con gli eventuali, possibili proventi derivanti dalla pubblicità.

Parlo di un progetto che avrebbe richiesto settimane e settimane di lavoro e test e mesi per portarlo a regime.

Come si dice no ad un cliente? Dicendoglielo e motivando con argomentazioni professionali e tecniche.

Inutile girarci intorno.

Come si trovano (o come si scelgono) i clienti giusti?

Devo dirti sinceramente che non sono ancora nelle condizioni di fare grande selezione se non nei casi estremi di cui ho già detto.

Dunque, ancora non ho targhettizzato o creato come si dice un avatar del cliente ideale.

Perciò, mantenendo i piedi per terra, con molta flessibilità si scende a compromessi con situazioni che magari un giorno non prenderò più in considerazione.

In generale, in ogni caso è quello che ha un’idea solida e ben tracciata, riesce a trasmetterla e accoglie consigli e suggerimenti.

L’opposto di chi devasta il tuo tempo in richieste contraddittorie e che cambiano in base alla luna.

Quanto definiresti importante la conoscenza dell’inglese – o di un’altra lingua straniera – per il tuo lavoro? Anche da un punto di vista formativo…

In generale, conoscere le lingue porta solo vantaggi e apre ad un maggior ventaglio di possibilità.

Parlando del mio campo poi, avere poca dimestichezza con l’inglese equivale ad una limitazione.

La lingua materna, se così si può dire, del mondo del web design e della programmazione è l’inglese.

I reference, i migliori manuali di consultazione, le riviste, i siti di riferimento di valore sono tutti in inglese.

Non parliamo poi della formazione che anche per un professionista deve essere continua.

Ormai da tempo seguo solo corsi in inglese da cui, oltre lo specifico, ho appreso l’approccio pragmatico e concreto che utilizzo nei miei corsi.

Hai dovuto prendere decisioni che per qualcuno sarebbero state coraggiose o incoscienti?

La decisione di cogliere la palla al balzo e rendere effettivo e concreto il sogno che avevo da tempo di un’attività autonoma senza cercare soluzioni più “sicure”, sicuramente qualcuno lo potrà giudicare un atto incosciente, qualcun’altro coraggioso.

Io lo vedo solo come via naturale di realizzazione personale.

C’è stato per te un momento di passaggio psicologico per arrivare alla decisione di diventare freelance? Ci sono sicuramente persone “che vorrebbero” ma che non riescono a mollare certe sicurezza. Cosa possiamo dire a queste persone?

Sarebbe sciocco e non realistico affermare che non ho mai avuto dubbi su questa decisione che in realtà è da rinnovare ogni giorno alimentando il proposito con nuovi stimoli.

Comprendo le legittime paure di alcuni che vorrebbero e sono esitanti.

Dico solo che rischiano di convivere con un rimpianto che a livello psicologico e a lungo andare potrebbe risultare molto frustrante.

Però, anche senza soluzioni drastiche, se si ha già un lavoro ma ci si vedrebbe molto bene come freelance, perché non attivarsi in maniera soft?

Cominciando a progettare, informarsi, mettere in campo le proprie competenze, magari prendendo in carico qualche piccolo lavoro.

Vuoi sapere in realtà cosa penso?

Che il freno più grande a volte non è la paura di abbandonare le sicurezze, ma la pigrizia.

Doversi riprogettare è una gran fatica.

Hai vissuto momenti difficili nel tuo processo di diventare freelance? Come si superano i momenti difficili?

Sì, certo che ci sono stati e ci sono momenti difficili.

Come li supero?

Una risposta che ti parrà forse troppo telegrafica: resilienza.

La resilienza è l’attitudine psicologica a resistere proattivamente alle difficoltà e gestire con successo il cambiamento adattandosi alle nuove condizioni.

Io metto la resilienza in cima alle caratteristiche di un/una freelance.

Il freelance si metta in mente di farsi amico e compagno di vita il cambiamento.

Il/la freelance si metta in mente di farsi amico e compagno di vita il cambiamento.

Il tuo più grande errore con un cliente?

Averla sparata troppo grossa col prezzo.

Non era il caso.

Il tuo più grande successo con un cliente?

Averlo fidelizzato e coinvolto in progetto a più ampio respiro rispetto allo standard iniziale.

La scelta più azzeccata che hai fatto nella tua vita (professionale)?

Dedicare almeno un paio di ore al giorno allo studio, all’autoformazione e alla ricerca.

Un consiglio “forte” per chi vuole diventare freelance…

Ovviamente i consigli sarebbero tanti.

Comunque, ecco uno degli aspetti decisivi sui quali impegnarsi e lavorare: la disciplina, ferrea.

Non c’è nessuno che ti dia orari: devi darteli da te e rispettarli.

Nessuno che ti dia direttive: devi dartele e anche decise e starci dentro.

Soprattutto per i freelance che lavorando anche in remoto, passano molto tempo nel comfort di casa: con un atto deciso di visualizzazione creativa, convinciti che in quel momento sei in un ufficio.

Sotto e lavora.

Siediti comodo e rilassato ma lavora.

Fatti un programma orario tuo, appendilo alla parete bene in vista dove lavori e rispettalo.

Che percorso consiglieresti ad un aspirante web developer?

Iniziare da un solo linguaggio di programmazione e diventarne davvero pratico ed esperto.

All’inizio fare una sola cosa e farla bene.

Poi l’apprendimento di altri linguaggi e il lavoro su framework di sviluppo sarà semplice e veloce.

E a un aspirante web designer?

Innanzitutto chiedere consiglio e informarsi per capire bene chi è e cosa fa un web designer, che non è né un grafico tradizionale, né uno sviluppatore.

Questo serve anche per comprendere meglio che esistono step formativi irrinunciabili e anche molto precisi.

Anche se so che molti vorrebbero in un giorno conoscere tutto il possibile ed essere in grado di elaborare fantasmagorici progetti web nel giro di qualche ora, non è così che funziona.

Umile e paziente, inizia dall’ABC che nel campo del web design sono HTML e CSS: non si sfugge.

Studia, allenati, esercitati anche sulle cose più stupide, scrivi codice come se non ci fosse un domani.

Trova un tutor e fidati di lui/lei.

Cosa consiglieresti a chi ti chiede un libro, un corso… un primo passo per imparare a fare quello che fai tu?

Ma ovviamente acquistare i miei corsi* che sono concepiti nella forma “zero to hero“.

* ad esempio “Diventare Web Designer da zero. Il corso completo“. 

Ok, dopo il momento autocelebrativo risposte serie e professionali.

Primo passo è capire cosa si vuole fare: il web designer, il web developer, ambedue? Per ogni opzione la risposta può essere un po’ diversa.

Però c’è da dire che esiste una grammatica di base nelle professioni del web, quindi è da lì che devono iniziare tutti: da coloro che vogliono occuparsi solo di interfacce a coloro che vogliono sviluppare per dispositivi mobili.

Una grammatica che riguarda l’impostazione globale di una pagina web o di una app.

Una grammatica costituita almeno da tre elementi:

  • HTML,
  • CSS,
  • disegno responsive delle interfacce.

Io personalmente non mi trovo bene con i manuali per questo tipo di formazione, quindi consiglio sempre o corsi residenziali o video corsi on line.

Ricordiamoci poi che un professionista del web è un artigiano, digitale ma sempre artigiano, non un teorico che lavora sull’ipotetico.

Quindi, bisogna appurare sempre la praticità e la concretezza di un corso e il suo immediato collegamento con i casi reali di lavoro.

Che importanza dai al concetto di trovare una nicchia?

Essenziale.

Io sono per la specializzazione.

Una competenza ristretta dà credibilità a rafforza la propria immagine.

È poi anche un’esigenza pratica legata al mondo del web che per la sua vastità è impossibile da dominare completamente.

Tutto ciò non toglie ovviamente valore all’apprendere tecniche nuove.

Come vedi il futuro del tuo settore? Ci sono prospettive?

Sicuramente c’è futuro e spazio per lavorare.

Soprattutto per chi rimane costantemente aggiornato e innovativo.

Il grande campo sul quale impegnarsi, dopo la debita formazione di base, è quello dello sviluppo di app per dispositivi mobili.

In crescita esponenziale.

Bene Simona.
Grazie per questa illuminante chiacchierata!!
Un ultimo messaggio all’umanità? 🙂

Impegnati a somigliare ogni giorno di più alla persona che sogni di essere.

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